Gli esperti di troppo

Ivan Illich (1926-2002), controcorrente e visionario pensatore austriaco, pubblica nel 1977 Disabling professions, un testo a più voci redatto insieme ad alcuni suoi allievi che rappresenta il terzo contributo della trilogia – iniziata con Descolarizzare la società e proseguita con Nemesi medica – e nel quale l’autore si propone di svolgere un’analisi del ruolo esercitato dalle professioni nella società modernizzata. Scritto 40 anni fa prima dell’avvento degli anni ’80 e della più veloce rivoluzione della storia, oggi questo testo rivela l’attualità del suo pensiero.

Di seguito pubblico un estratto del suo saggio Esperti di troppo

Ivan Illich, esperti di troppo

L’Era delle Professioni sarà ricordata come l’epoca nella quale dei politici un po’ rimbambiti, in nome degli elettori, guidati da professori, affidavano ai tecnocrati il potere di legiferare sui bisogni; rinunciavano di fatto al potere di decidere in merito alle esigenze della gente diventando succubi delle oligarchie monopolistiche che imponevano gli strumenti con i quali tali esigenze dovevano essere soddisfatte. Sarà ricordata come l’Era della Scolarizzazione, in cui alle persone per un terzo della loro vita venivano imposti i bisogni di apprendimento ed erano addestrate ad accumulare ulteriori bisogni, cosicché, per gli altri due terzi della loro vita, divenivano clienti prestigiosi “pusher” che forgiavano le loro abitudini. Sarà ricordata come l’era nella quale dedicarsi a viaggi ricreativi significava andare in giro raggruppati a guardare la gente con l’aria imbambolata, e fare l’amore significava adattarsi ai ruoli sessuali indicati da sessuologi come Masters e Johnson e i loro allievi; l’epoca in cui le opinioni delle persone erano una replica dell’ultimo talk-show televisivo serale e alle elezioni il loro voto serviva a premiare imbonitori e venditori perché potessero fare meglio i comodi propri. [..]
Oltre un certo livello, la medicina genera incapacità e malattia; l’istruzione si trasforma nel principale generatore di quella divisione del lavoro che inabilita; i sistemi di trasporto veloci trasformano i cittadini urbanizzati in passeggeri per il 17 per cento delle loro ore di veglia. Per una stessa quantità di tempo, li trasforma poi nei membri di una banda che lavora per pagare la Ford, la Esso e le società autostradali. I servizi sociali generano impotenza e le istituzioni ingiustizia.
Le principali istituzioni delle società moderne hanno acquisito l’inquietante potere di sovvertire i veri obiettivi per i quali sono state originariamente costruite e finanziate. Sotto l’egida delle professioni più prestigiose, le ineffabili istituzioni hanno finito soprattutto per produrre una paradossale controproduttività: la sistematica disabilitazione dei cittadini. Una città costruita per le ruote diventa inadatta per i piedi.
Perché non ci si ribella contro questa tendenza del sistema a partorire servizi disabilitanti? Il motivo principale dovrebbe essere ricercato nel “potere di illudere” connaturato  di questi sistemi. A fianco della possibilità tecnica di manipolare il corpo e la mente, il professionalismo è anche un rituale potente che genera aspettative nelle cose che fa. Mentre insegna a leggere a Johnny, la scuola gli instilla la convinzione che imparare dagli insegnanti è meglio. Oltre a fornire possibilità di locomozione, potere sessuale e un senso di onnipotenza, l’automobile spinge anche a smettere di camminare. Mentre erogano aiuto legale, gli avvocati trasmettono ai loro clienti la nozione che essi stanno risolvendo i loro problemi personali. Oltre a stampare le notizie, i giornali convincono con i loro racconti che i medici stanno vincendo il cancro. Una parte sempre più crescente delle funzioni delle nostre istituzioni si dedica a coltivare e a mantenere cinque illusioni che trasformano il cittadino in un cliente che deve essere salvato dagli esperti.
La prima illusione che rende schiavi è l’idea che le persone sono nate per essere consumatori e che esse possono raggiungere i propri obiettivi acquistando beni. [..]
La seconda opprimente illusione si comprende concettualizzando il progresso tecnologico come un tipo di prodotto ingegneristico sempre più complesso e che perciò favorisce una maggiore dominazione professionale. [..]
Il terzo mito inabilitante prevede che eventuali strumenti efficaci per un uso non professionale debbano prima venire certificati da test professionali. [..]
La quarta illusione inabilitante ha a che fare con quegli esperti che si occupano dei limiti della crescita. Intere popolazioni, profondamente socializzati a bisogni di cui sono state convinte di essere portatrici, devono ora essere convinte del contrario, di “non” aver alcun bisogno. [..]
La quinta illusione vessatoria è il “radical chic” di questi anni. Come i profeti degli anni Sessanta si entusiasmavano per le percentuali di aumento dei benestanti, questi creatori di miti si riempiono la bocca della possibilità di professionalizzare i clienti. [..]

Ciao maschio e suicidio demografico

“Dovunque la fertilità è sotto la soglia minima di sopravvivenza della popolazione. In italia in 50 anni abbiamo perso il 50% delle nascite ed ogni anno i demografi ci ricordano che il numero dei morti supera quello dei nati. Se continuiamo così, con 1,3 figli in media a donna ci avviamo dritti dritti a veder scomparire nel giro di tre generazioni il 60% dei giovani, un suicidio demografico.”

qui la puntata completa del 13.03.2017 di Presa Diretta

Tornare all’essenziale

estratti dall’intervista di Alessandro Catto a Piero Mozzi “L’Occidente torni ad essere essenziale” del 17 febbraio 2017

(…) 2) Quale soluzione propone a questa deriva della società occidentale?

Bisogna tornare a guardare al futuro e ai giovani. Il futuro ce l’hanno in mano i popoli giovani, che si riproducono molto. Sono popoli che spesso vivono in condizioni precarie e con una altissima mortalità infantile, ma che producono figli forti, dotati di una età media molto giovane, popoli che davanti a sé vedono un futuro che parla ancora di presenza, non di scomparsa. Bisogna capovolgere l’occhio, bisogna vedere la salute dei giovani non dei vecchi, invece la longevità viene oggi messa al primo posto, arrivando alla situazione che viviamo oggi in Italia, dove vi è una stragrande presenza di anziani e una natalità pari a zero, con pochissimi giovani. In pace ed abbondanza, senza situazioni critiche come quelle belliche paradossalmente non si mette al mondo nessuno. (…)

3) Quali sono le cause profonde di questa infertilità vissuta in Italia, in Europa e generalmente nel mondo occidentale?

Le cause sono la mancanza dell’istinto di riproduzione e l’infertilità delle donne, dovuta soprattutto ad una alimentazione scorretta. Si promuove un fertility day che non parla delle cause fisiche principali dell’infertilità, come il consumo di latte e derivati, con delle gravidanze fatte in età spesso troppo avanzate. Poi vi è anche un grande problema culturale, un problema storico e ciclico già vissuto anche al tempo dell’impero romano. La classe dirigente romana nei primi secoli di splendore indirizzava i propri figli verso il comando, l’arte militare, verso una vita essenziale. (…)

4) Bisogna quindi riscoprire il valore dell’essenzialità?

Certo, l’essenzialità nella vita è fondamentale. Un popolo essenziale avrà sempre un futuro. L’Occidente si è sviluppato, arrivando al culmine della sua forza, ora sta vivendo un declino e dietro di lui vi sono popoli più forti ed essenziali, che premono alle porte. È scritto nella storia e nel nostro presente, i popoli essenziali sanno affrontare difficoltà incredibili, hanno un coraggio incredibile. (…)

(…) Serve un ritorno all’essenzialità che non significa privazione o arretratezza, ma il ritorno ad una cultura semplice, frugale, essenziale, pratica, basata sulle fondamenta della natura umana. Non serve creare superuomini, superanziani, vetusti centenari attaccati ad un respiratore, ma giovani capaci, svelti, lucidi e in salute. Serve implementare un progresso vero, che miri a far star bene l’uomo e a preservare la salute della società in cui vive, non un consumatore assuefatto da bisogni indotti e da false mete. Va quanto prima ribaltata questa logica distruttiva, o per l’Europa le porte del declino totale si spalancheranno sempre più velocemente.

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