Pensare a lungo termine

Di seguito la parte finale del capitolo “Pensare a lungo termine” del libro Il coltellino svizzero di Annamaria Testa.

Il coltellino svizzero. Capirsi, immaginare, decidere e comunicare meglio in un mondo che cambia - Annamaria Testa - copertina

[…] La pervasività del pensiero a breve termine ostacola gli investimenti nella sanità, nell’istruzione e nell’apprendimento permanente, nelle infrastrutture, nella ricerca di base, e per il contrasto all’emergenza climatica e la riduzione delle disuguaglianze.
“Viviamo in un’epoca di breveterminismo patologico”, dice il filosofo sociale Roman Krzanaric. Il quale afferma che nei confronti del futuro abbiamo sviluppato un’attitudine colonizzatrice. Come se si trattasse di un enorme avamposto vuoto, che non appartiene a nessuno perché nessuno lo sta (ovviamente) abitando ora, e sul quale noi possiamo dunque accampare diritti. Un luogo in cui scaraventiamo scorie nucleari, debito pubblico, rischi climatici e tecnologici. E che possiamo tranquillamente rapinare, dato che a presidiarlo non c’è nessuno. 
Eppure, nel futuro noi cominciamo ad abitare giorno dopo giorno.

Certo: se restringiamo il nostro pensiero al “qui e ora”, il traguardo del 2100 continua ad apparirci davvero lontano. Ma i bambini che oggi hanno pochi anni potranno facilmente vederlo, l’inizio del prossimo secolo. Tra loro possono esserci i nostri figli, i nostri fratelli minori, i nostri nipoti.
Se i progressi della medicina continuano ad accrescere la durata media della vita, e se si incrementano le pratiche di successful ageing, nel 2100 quei bambini che oggi ci sono così cari, e i loro coetanei, avranno ancora davanti a sé anni di vita, e forse qualche decennio. E poi, naturalmente, c’è la schiera infinita dei bambini che ancora devono nascere.
L’idea della solidarietà intergenerazionale considera l’impatto che decisioni prese oggi possono avere sulle generazioni successive alle nostre,  a cominciare da quella a cui appartengono i figli, i fratelli minori e i nipoti. Stiamo parlando di un futuro che, riguardando loro, riguarda anche noi.
Cerca il benessere di tutto il popolo, e abbi sempre davanti al tuo sguardo non solo il presente, ma anche le generazioni che verranno, perfino quelle i cui volti sono ancora oltre la la superficie della terra – i non ancora nati della Nazione futura.
Il principio delle Sette generazioni è tratto dalla Grande legge di pace degli haudenosaunee, la legge orale fondante della Confederazione degli irochesi, Si tratta i prendere ogni decisione tenendo a mente il bene delle sette generazioni future: un arco di tempo di circa centrocinquant’anni.
Visioni analoghe ricorrono in diverse culture indigene. Dovremmo osservarle con maggior rispetto e attenzione perché è paradossale il fatto che, quanto più ci rendiamo capaci di determinare le sorti dell’intero pianeta, e quanto più efficaci sono gli strumenti di cui disponiamo per comprendere il nostro potere e i rischi , tanto meno sembriamo propensi a farcene carico.

Cerchiamo di coltivare una dose di consapevolezza. Osserviamo le nostre motivazione e i nostri pensieri, e governiamoli. Guardiamoci attorno con attenzione e meraviglia. Commuoviamoci quando serve, ma indigniamoci quando serve. Ricordiamo che stiamo condividendo un piccolo pianeta, bellissimo e fragile.

Posterità

Si chiama HD1 ed è davvero una galassia lontana lontana appena scoperta  dagli astronomi - Justnerd.it

Di seguito la descrizione del termine “Posterità” data dal sito Una parola al dì:

po-ste-ri-tà

SIGNIFICATO L’insieme di coloro che vivranno nei tempi futuri; i discendenti di una stirpe, di una famiglia, di un personaggio; più raramente, le epoche future, gli anni e i secoli a venire

ETIMOLOGIA dal latino posteritas che vale sia come ‘l’avvenire, il futuro’ che come ‘i discendenti, i posteri’, sostantivo formatosi dall’aggettivo posterus ‘seguente, successivo, futuro’.

es.: «Cosa ti piacerebbe fosse trasmesso alla posterità?»

«Carpe diem, quam minimum credula postero.» Orazio, Ode 11

Così si chiude la poesia che ha reso celebre l’espressione – divenuta ormai un vero e proprio motto – “cogli l’attimo!”. Ma di cosa parla il resto del testo? Orazio si rivolge alla fanciulla Leuconoe invitandola a godere del tempo presente senza cercare di prevedere cosa avverrà nel futuro ed evitando di affidarsi eccessivamente alla speranza, che corre molto più veloce del tempo stesso. Nel verso di chiusura, insieme all’invito a vivere “il qui ed ora” — diremmo oggi —, si aggiunge il consiglio di essere “fiduciosa il meno possibile nel futuro”.

Posterus infatti, formato sull’avverbio latino post, è letteralmente ‘seguente, successivo’ e dunque, in senso temporale, ‘futuro’. Da qui, il sostantivo posteritas ha assunto sia il significato stretto di ‘il futuro, l’avvenire’ che quello più esteso di ‘i discendenti’, cioè le generazioni che questo avvenire lo vivranno in prima persona.
Nel suo approdo all’italiano il termine posterità, che con questa sonorità finale così aperta sembra già proteso verso il futuro, ha infine conservato dal latino principalmente la seconda accezione: un certo e indistinto numero di persone che abiteranno un domani più o meno lontano, le “generazioni future”, come si suol dire.

Al giorno d’oggi, parlare di posterità significa per lo più riflettere, con un certo nodo alla gola, su ciò che gli uomini di oggi stanno lasciando a quelli di domani, principalmente dal punto di vista dell’ambiente e delle risorse. Possiamo allora ritrovarcela — questa parola così intrisa di aspettative ma offesa da una certa ipocrisia — citata in dichiarazioni pubbliche, articoli di giornale, testi di diritto, possiamo udirne il nome in conferenze stampa o servizi televisivi. Se solo avesse più peso nei fatti che nelle parole!

In passato, quando il pensiero della posterità aveva a che fare piuttosto con la speranza e il desiderio che non con la preoccupazione, ad appellarsi ad essa erano eroi, artisti, poeti, coloro che ambivano ad essere ricordati oltre il limite della loro vita terrena, che nella memoria presso i posteri riconoscevano il dono dell’immortalità.

Cicerone, spiegando il motivo che lo spingeva a sostenere la grande fatica e impegno che richiedeva la sua opera scrittoria, affermava:

Non era molto più da eleggere un vivere ozioso e tranquillo, senza alcuna fatica o sollecitudine? Ma l’animo mio, non so come, quasi levato alto il capo, mirava di continuo alla posterità in modo, come se egli, passato che fosse di vita, allora finalmente fosse per vivere.

Cicerone, Cato Maior de senectute

Per gli eroi omerici garantirsi un posto nella memoria della posterità era vitale, sprone ad ogni battaglia, fonte di ardimento, un simbolo che sembra essersi cristallizzato lungo i secoli se ancora oggi, nelle lastre marmoree in onore dei caduti di guerra, leggiamo invocata a caratteri cubitali la speranza che “la posterità li ricordi e li benedica nella successione dei secoli”.

È ironico pensare che questa posterità, già scomodata prima di esistere, chiamata alla gratitudine, al ricordo, al perdono, al ruolo di giudice (come non pensare al Manzoni e a quell’ardua sentenza delegata ai posteri), sia poi quanto di più inconoscibile possiamo pensare, avendo a che fare con quell’insondabile e impenetrabile mistero che è il futuro.

Come scrive Leopardi, questa poeticissima e nobile parola, nel suo essere così generica e nel suo parlare dell’ignoto, è in certo modo la reginetta del vasto, dell’incerto, dell’indefinito, proprio perché di questa posterità non abbiamo e non potremo mai avere conoscenza alcuna.

Posteri, posterità sono parole poeticissime ecc. perché contengono un’idea 1. vasta, 2. indefinita ed incerta, massime posterità della quale non sappiamo nulla.

Leopardi, Zibaldone

È suggestivo pensare che quella che era allora una così ignota e inconoscibile posterità siamo proprio noi, attori del presente. Avendo dunque tra le mani la possibilità di guardarci indietro e di vedere ciò che è stato fatto, ciò che è stato detto e a cosa esso ha portato, dovremmo forse chiederci quale sia la direzione migliore da intraprendere oggi, quella che avremmo voluto fosse stata scelta a suo tempo per noi.
A noi, oggi, l’ardua sentenza.

Parola pubblicata il 30 Maggio 2022 
Testo originale pubblicato su: https://unaparolaalgiorno.it/significato/posterita

Il discorso della nonna

Di seguito il “discorso della nonna” tratto dal film “Figli” del 2020 di Giuseppe Bonito.

“Voi dovete capire bene una cosa una volta per tutte. Noi anziani siamo una forza silenziosa e tranquilla, ma se ci incazziamo sono dolori. Perché siamo di più. Siamo tantissimi. Ogni 100 giovani ci sono 165 anziani. E questo significa maggioranza assoluta, e cioè, virtualmente, Camera Senato e governo della Repubblica. Abbiamo le tv, perché condizioniamo palinsesti e linee editoriali: Sanremo è fatto per noi, e così anche la grande fiction nazional-popolare. Gli inserzionisti pubblicitari, intorno a cui ruota il mondo, hanno noi come chiodo fisso. Le case di proprietà e i libretti di risparmio su cui regge l’intera economia di questo paese – e senza i quali chiudevamo come la Grecia – sono in mano nostra. Il teatro tiene grazie a noi, e così anche quel che resta del cinema. E con il nodo pensioni teniamo in scacco l’intera economia nazionale. Ci manca solo un po’ più di consapevolezza e coesione, e saremo pronti, finalmente, a fare il culo a tutti”.

Nell’Ombra

Di seguito il corto-animato A Shadow – A Modern Odissey di Lubomir Arsov del 2017.. “un viaggio visionario attraverso i frammenti dell’inconscio dell’Occidente per affrontare con coraggio l’Ombra”.

Alcune citazioni di Carl Gustav Jung riprese dal sito internet del corto-animato:

Nessun albero, si dice, può crescere in paradiso se le sue radici non raggiungono l’inferno.

Ognuno porta con sé un’ombra, e meno è incarnata nella vita cosciente dell’individuo e più essa è nera e densa.. se viene repressa e isolata dalla coscienza, non sarà mai corretta.