estratti dall’articolo L’infertilità dramma occidentale di Roberto Volpi del 19 dicembre 2016
C’è un problema di infertilità della popolazione italiana che va ben al di là del numero delle nascite, in calo da anni e anni e che ormai da un anno all’altro fa segnare il record storico delle minori nascite di sempre nel nostro paese. Non sono infatti soltanto le nascite a perdere terreno inesorabilmente, sono i concepimenti nel loro complesso – dati dalle nascite più le interruzioni volontarie di gravidanza e gli aborti spontanei – a perderne ancora di più dal momento che gli aborti, sia volontari che spontanei, registrano un crollo di proporzioni assai superiore a quello delle nascite.
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Ma non si può ignorare la questione di fondo, semplicissima e riassumibile in questi termini: per avere la capacità di fare figli bisogna farli, i figli, perché se non si fanno quella capacità si indebolisce e declina. Ora, il punto è questo: che in occidente, e l’Italia ne è la punta di lancia, sta sempre più precipitando, tra sfiducia nel futuro, scetticismo esistenziale e individualismo, la voglia stessa di fare figli, mentre quei pochi che si fanno si pretendono esenti da rischi: cosicché li si sposta sempre un po’ più in là nel tempo, a sicurezze personali e famigliari tutte acquisite. Ed è così che l’orizzonte esistenziale dell’individuo si presenta mai come oggi tanto privo, e privato, della prospettiva dei figli. Ma se questa prospettiva viene meno, scompare anche la capacità fisiologica di renderla concreta.