Il bombarolo

“Per me, una persona eccezionale è quella che si interroga sempre, là dove gli altri vanno avanti come pecore…”
Fabrizio De André (18.02.1940-11.01.1999)


(…) Il mio Pinocchio fragile 
parente artigianale 
di ordigni costruiti 
su scala industriale 
di me non farà mai 
un cavaliere del lavoro, 
io sono d’un’altra razza, 
son bombarolo. (…)

Intellettuali d’oggi 
idioti di domani 
ridatemi il cervello 
che basta alle mie mani, 
profeti molto acrobati 
della rivoluzione 
oggi farò da me 
senza lezione. 

Vi scoverò i nemici 
per voi così distanti 
e dopo averli uccisi 
sarò fra i latitanti 
ma finché li cerco io 
i latitanti sono loro, 
ho scelto un’altra scuola, 
son bombarolo. 

Potere troppe volte 
delegato ad altre mani, 
sganciato e restituitoci 
dai tuoi aeroplani, 
io vengo a restituirti 
un po’ del tuo terrore 
del tuo disordine 
del tuo rumore. (…)

Gocce di splendore

Di seguito, estratto dal libro Fabrizio De André Una goccia di splendore, Rizzoli, 2007.

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Cioran, uomo di grande lucidità, diceva che la vita, più che una corsa verso la morte è una disperata fuga dalla nascita. Quando veniamo al mondo affrontiamo una sofferenza e un disagio che ci portiamo avanti tutta la vita, quelli di un passaggio traumatico da una situazione conosciuta all’ignoto. Questo è il primo grande disagio. Il secondo, non meno traumatico, è quando ci rendiamo conto che dovremo morire. Per me questa spaventosa consapevolezza è arrivata verso i quattro anni. L’uomo diventa “grande”, diventa spirituale o altro, quando riesce a superare questi disagi senza ignorarli. Ora, se a essi si aggiunge anche l’esercizio della solitudine, ecco che allora forse, a differenza di altri che vivono protetti dal branco, alla fine della tua vita riesci a “consegnare alla morte una goccia di splendore“, come recita quel grande poeta colombiano che è Alvaro Mutis. Se ti opponi, se ti rifiuti di attraversare e superare questi disagi, per sopravvivere ti organizzi affinché siano altri a occuparsene e deleghi. Questa rinuncia ti toglie dignità, ti toglie la vita. Credo che l’uomo, per salvarsi, debba sperimentare l’angoscia della solitudine e dell’emarginazione. La solitudine, come scelta o come costrizione, è un aiuto: ti obbliga a crescere. Questa è la salvezza.


(…) per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale di speciale disperazione
e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
per consegnare alla morte una goccia di splendore
di umanità di verità (…)
“Smisurata preghiera”, Fabrizio De André