Conflitto ed equità tra le generazioni

Di seguito il paragrafo 7 Conflitto ed equità tra le generazioni estratto da Generazioni di A. Cavalli.

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La stagione dei movimenti giovanili a cavallo tra gli anni sessanta e settanta ha riproposto, nell’interpretazione di molti studiosi (v., per tutti, Feuer, 1969), un’analisi in termini di conflitto tra le generazioni. Tale conflitto sarebbe la manifestazione ricorrente dell’eterna tendenza dei figli a contrapporsi ai padri per affermare la propria indipendenza e identità. Questa interpretazione trova sostegno nella concezione psicanalitica del processo di crescita che vede nell’uccisione simbolica del padre una tappa inevitabile per l’affermazione del Sé come entità separata. Tuttavia, se da un lato questa interpretazione è dubbia anche sul piano individuale (infatti l’universalità del ‘complesso edipico’ è stata seriamente messa in discussione), dall’altro lato non serve certo per spiegare la comparsa di generazioni come fenomeni collettivi. Come abbiamo già visto, non solo per lunghi periodi vi è spesso continuità tra classi di età, ma anche là dove si verificano delle discontinuità, e si formano quindi delle generazioni distinte, il rapporto tra di esse non è necessariamente conflittuale.
Recentemente il tema del conflitto tra generazioni è stato ripreso in termini molto diversi, come conflitto di tipo distributivo tra le generazioni degli adulti e le generazioni dei giovani e tra le generazioni presenti e le generazioni future. Tali conflitti trovano un fondamento ‘oggettivo’ nei meccanismi di funzionamento del mercato del lavoro, nel finanziamento dei sistemi pensionistici, nell’accumulazione del debito pubblico e nei processi irreversibili di degrado ambientale (v. Thomson, 1989; v. Scamuzzi, 1990, v. Sgritta, 1991).
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, le politiche di tutela dell’occupazione si risolvono spesso a vantaggio di coloro che sono già occupati (in genere, adulti) e a svantaggio di coloro che sono in cerca di prima occupazione (in genere, giovani). Il rapporto, nella disoccupazione totale, tra giovani in cerca di prima occupazione e lavoratori che hanno perso il posto di lavoro è una misura di questo aspetto del conflitto tra generazioni: quando cresce il numeratore vuol dire che il rapporto tra le generazioni si sposta a svantaggio delle leve più giovani.

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