L’€uropa è stata un pieno successo

9. E non è che questa sia una mera speculazione deduttiva: al di là delle probabilmente inconcludenti discussioni che si svolgeranno a Roma il 25 marzo, infatti, la precisa formalizzazione di quel che le istituzioni europee, e non certo i “rapporti nazionalizzati”, sono capaci di esprimere in termini di revisione dei trattati, assume una caratteristica ben precisa (certo, le istituzioni europee, nei loro processi decisionali, sono soggette alla prassi ed ai rapporti di forza affermatisi e amplificatisi in base ai trattati stessi: ma questo è un fenomeno, per l’appunto, inevitabile e inscindibile proprio da questa natura istituzionale di un’organizzazione internazionale essenzialmente liberoscambista).
Ed infatti, l’unica prospettiva ufficialmente formalizzata, in quanto passata già per una deliberazione del parlamento europeo e, appunto, motivata dalla presa d’atto della Brexit in connessione con l’esigenza di “completare l’unione politica e monetaria”, in raccordo con la “relazione dei cinque presidenti” e in vista di un “accordo interistituzionale con Comissione e Consiglio UE“, è quella che si trova nei tre reports positivamente votati dallo stesso parlamento. Eccovi i relativi links:

1) Report sulla Capacità fiscale dell’Eurozona
2) Possibile evoluzione e adeguamento dell’attuale struttura istituzionale dell’Unione europea
3) Miglioramento del funzionamento dell’Unione europea sfruttando le potenzialità del trattato di Lisbona: 
10. Un commento di sintesi della pletorica (come di consueto) serie di misure e di considerando che nascondono, appunto “stealthy”, una precisa volontà negoziale e dispositiva del destino di centinaia di milioni di cittadini degli Stati coinvolti:

“Si parla nel “complesso dei tre report” di istituire un bilancio dedicato per la zona Euro, da finanziare non si sa bene con quali modalità e risorse, ma di sicuro non con trasferimenti di risorse dalle economie forti in surplus (che godono di una moneta tagliata su misura per la loro economia, leggasi Germania e Olanda) a sostegno delle aree depresse. Questa proposta è quindi il cavallo di Troia per ricattare sistematicamente i Paesi in difficoltà imponendo – in cambio di “aiuti” (id est: restituzione di ciò che gli stessi Stati hanno dovuto versare in forma di maggiorato contributo al bilancio “federale”)- condizionalità asfissianti con riforme strutturali e vari programmi di aggiustamento economico. 
Si insiste sul “normare” il trattamento riservato alla Grecia in termini di distruzione del welfare, precarizzazione del lavoro, impoverimento generale del popolo e privatizzazioni selvagge. Naturalmente sotto ricatto.
Si parla d’istituzionalizzare il MESil mostruoso fondo salva-Stati di cui vi abbiamo già parlato – in varie forme: inserendolo direttamente nei trattati e quindi rendendolo “irreversibile”. Oppure trasformarlo in un Fondo Monetario Europeo che erogherà aiuti imponendo riforme neoliberiste folli e anacronistiche, distruggendo di fatto il Paese che dovrà attuarle.
C’è addirittura la pretesa di creare ad hoc un super-ministro delle finanze per l’Eurozona, fondendo le figure del presidente dell’Eurogruppo e del commissario europeo agli affari economici e sociali. Fuori da qualsiasi controllo democratico questa figura diventerebbe lospin-doctor del potere tecnocratico tedesco e avrebbe la facoltà d’imporre il rispetto religioso del patto di stabilità e crescita e, ancora, del Fiscal Compact”.

11. Insomma, spentisi i riflettori sulla mega-kermesse romana, e magari trascorsi alcuni giorni di  discussioni mediatiche basate su curiose e pretesamente “commiserative” rivendicazioni “contro” (i populismi, i razzismi, la xenofobia, la perdita dello slancio ideale e…solidale), basate su problematiche in parte immaginarie e in parte relative ad effetti di decisioni istituzionali UE che non “potranno” mai essere rimesse in discussione, l’agenda ricomincerà inevitabilmente a correre sulle basi costituite da questi tre reports.
Ma questa realtà, è una dimensione di rapporti di forza che nessuna crisi di consenso elettorale pare poter smuovere: e d’altra parte, ciò è coerente con la consueta diffidenza e ostilità verso i parlamenti nazionali, visti come espressione distonica della disfunzionalità del suffragio universale, – esercizio delle sovranità popolari-, a garantire ciò che è visto esclusivamente come “efficienza allocativa“, esclusivamente conseguibile dall’ordine sovranazionale del mercato (qui, p.4, nella definizione di Karl Polanyi).

11.1. E questa realtà è e rimane l’unica proiezione storico-politica ed economica in cui si sono manifestati i trattati europei. Senza che si sia mai posta alcuna alternativa. Finora.
Ma è praticamente impossibile che qualcosa cambi per forze di autocorrezione endogena
Il fatto è che l’€uropa, dal punto di vista delle sue premesse politico-ideologiche, è stata un pieno successo: la crisi attuale può soltanto essere vista come un episodio, tutto sommato scontato e superabile, di resistenza del “vecchio” ordine (disfunzionale) delle democrazie nazionali e del capitalismo collaborativo  (così definito da Eichengreen in relazione ai rapporti che si instaurarono nel dopoguerra prima che prendesse definitivamente il sopravvento la restaurazione dell’ordine sovranazionale del mercato) che i trattati sono inesorabilmente volti a sopprimere. 
Irreversibilmente.

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