Lavorare manca

Lavorare manca (2014) è un libro di Diego Marani che intreccia brillantemente il racconto autobiografico a considerazioni personali sul mondo del lavoro passato e presente.

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Si parte dalle prime perplessità “perché il lavoro non è mai come ce lo spiegano a scuola, come lo immaginiamo da fuori, non è mai la conquista della libertà ma l’inizio di un’altra cosa, che più propriamente non si chiama neppure lavoro bensì fatica e che fa tutt’uno con la vita. (..)” E poi la maestra che “ci spiegava che tutti devono lavorare, che ogni mestiere anche il più umile, è nobile perché produce qualcosa di buono per tutti, che anche noi avremmo trovato il nostro e che la cosa più giusta da fare alla nostra età di bambini era imparare e studiare le cose che ci piacevano di più, così le avremmo fatte diventare il nostro mestiere e lavorare non ci sarebbe pesato per nulla, anzi sarebbe stata la nostra passione. (..)” E poi via in un fiume di ricordi e amare analisi del presente, passando dal primo lavoro sotto il sole a raccogliere le fragole per mettere da parte dei soldi per una canoa e grazie al quale il protagonista impara cosa vuol dire “avere un padrone e nient’altro che le proprie braccia. Contava poco il cervello, la cultura, la buona educazione, la bellezza, il fine pensiero. Il lavoro era tutto lì: per cavarsela con poco bisognava avere qualcosa di interessante da vendere. Sennò restavano solo le braccia. E guadagnarsi da vivere con quelle era una gran fatica”. Il lavoro dei nonni. L’esperienza inglese a Londra dopo la maturità a fare lo sguattero, il cameriere e il portiere. Gli studi. E finalmente il lavoro da funzionario a Bruxelles come interprete alle Cee. Poi tanto altro ancora, fino al ripresentarsi del problema lavoro, ma stavolta per il figlio. Un libro interessante, piacevole e semplice da leggere dove è facile identificarsi nelle avventure e nelle considerazioni dell’autore.

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