Gli ultimi indicatori Istat sulla popolazione italiana

Record negativo di nascite
Nel 2015 le nascite sono stimate in 488 mila unità, ben quindicimila in meno rispetto all’anno precedente. Si tocca, pertanto, un nuovo record di minimo storico dall’Unità d’Italia, dopo quello del 2014 (503 mila). Poiché i morti sono stati 653 mila, ne deriva una dinamica naturale della popolazione negativa per 165 mila unità. Il ricambio generazionale, peraltro, non solo non viene più garantito da nove anni ma continua a peggiorare (da -7 mila unità nel 2007 a -25 mila unità nel 2010, fino a -96 mila nel 2014).
Aldilà delle ragioni di fondo che stanno ostacolando, dopo il 2010, una significativa ripresa della natalità nel Paese, è opportuno ricordare che il recente calo delle nascite è in parte riconducibile alla trasformazione strutturale della popolazione femminile in età feconda (15- 49 anni). Le donne in questa fascia di età sono oggi meno numerose e mediamente più anziane. Si avviano a terminare l’esperienza riproduttiva le baby-boomers (nate a cavallo degli anni ’60 e ’70) e al loro posto subentrano, gradualmente, le ridotte generazioni delle baby-busters (nate negli anni ’80 e ’90).
Il tasso di natalità scende dall’8,3 per mille nel 2014 all’8 per mille nel 2015, a fronte di una riduzione uniformemente distribuita sul territorio. Non si riscontrano incrementi di natalità in alcuna regione del Paese e soltanto Molise, Campania e Calabria mantengono il medesimo tasso del 2014.

Popolazione sempre più invecchiata
L’aumento della mortalità nel 2015, concentrato in particolare nelle età senili (75-95 anni), non ha rallentato il processo di invecchiamento della popolazione. Tra il 1° gennaio 2015 e il 1° gennaio 2016 gli ultrasessantacinquenni residenti in Italia passano da 13,2 a 13,4 milioni in termini assoluti, e dal 21,7 al 22% in termini relativi. Ciò accade in quanto la generazione dei neo 65enni al 1° gennaio 2016 (i nati della coorte 1950) copre oltre misura le perdite registrate per morte tra la popolazione anziana e perché anche tra gli over65 il saldo migratorio con l’estero risulta in attivo. I residenti di 75 anni e più, i più penalizzati dall’aumento di mortalità, passano nell’insieme da 6,7 a 6,8 milioni. Per tali individui, l’11,2% del totale residenti, le perdite di mortalità sono recuperate dall’ingresso della coorte dei nati nel 1940.
Scende a 39 milioni, invece, la popolazione in età attiva (15-64 anni) che oggi rappresenta il 64,3% del totale (64,5% un anno prima). Così come pure scende la quota di giovani fino a 14 anni di età, dal 13,8 al 13,7% del totale, in parte frutto della comparsa sulla scena della “piramide per età” della più piccola generazione di neonati che si sia mai rilevata nella storia nazionale. Peraltro, le perdite conseguite tra i giovani come tra gli adulti, dal punto di vista generazionale, sono state solo in parte compensate dall’effetto positivo del saldo migratorio con l’estero che, come si è visto, è andato riducendosi nel corso del 2015.
Gli indicatori di carico strutturale della popolazione confermano che al 1° gennaio 2016 il processo d’invecchiamento prosegue inesorabile il suo cammino. L’indice di dipendenza strutturale cresce in un anno dal 55,1 al 55,5%, quello di dipendenza degli anziani dal 33,7 al 34,2%. In complesso, l’età media della popolazione si accresce di ulteriori due decimi, arrivando a 44,6 anni.
I cambiamenti demografici intercorsi nel 2015 impattano, strutturalmente parlando, in maniera piuttosto analoga a livello territoriale, non modificando, pertanto, quella che è la distribuzione geografica dell’invecchiamento. La Liguria, quindi, rimane la regione con l’età media della popolazione più alta (48,5 anni) e con la più alta percentuale di individui di 65 anni e oltre (28,2%). A forte invecchiamento sono anche il Friuli-Venezia Giulia (46,9 anni di età media con un 25,4% di ultra 65enni) e la Toscana (46,5 e 24,9%). In Campania si registra l’età media della popolazione più bassa (41,7 anni) e la quota di 65enni e oltre è pari al 17,9%.