Se ne è andato Giovanni Sartori, uno che vedeva meglio di tanti altri.
Al di là dei suoi scritti sulla politica e sulla democrazia mi piace ricordarlo per il libro Homo videns (1997), nel quale l’autore spiega come l’uomo stia attraversando una mutazione genetica determinata dalla onnipervasiva presenza degli schermi televisivi, che modificano (e impoveriscono) di fatto l’apparato cognitivo dell’homo sapiens.
Di seguito pubblico la Prefazione e il paragrafo Il video-bambino.
Dalla Prefazione
“Perché non date alla gente libri su Dio?” Per la stessa ragione per la quale non diamo loro Otello; sono vecchi; sono su Dio di circa cento anni fa. Non su Dio oggi. “Ma Dio non cambia”. Gli uomini, però, sì. (Aldous Huxley, Brave New World)
Siamo in piena e rapidissima rivoluzione multimediale. Un processo a molti tentacoli (Internet, computer personali, ciberspazio) che è però caratterizzato da un comune denominatore: Il tele-vedere, e per esso un nostro video-vivere. Pertanto in questo libro la messa a fuoco è sulla televisione, e la tesi di fondo è che il video stra trasformando l’homo sapiens prodotto dalla cultura scritta in un homo videns nel quale la parola è spodestata dall’immagine. Tutto diventa visualizzato. Ma in tal caso cosa succede del non-visualizzabile (che è il più)? Così mentre ci preoccupiamo di chi controlla i media, non ci avvediamo che è lo strumento in sé e per sé che è scappato di mano.
Della televisione si lamenta che incoraggia la violenza, oppure che informa poco e male, oppure che è culturalmente regressiva (come ha scritto Habermas). Vero. Ma è ancor più vero e importante capire che il tele-vedere sta cambiando la natura dell’uomo. Questo è il porro unum, l’essenzialissimo, che a tutt’oggi è largamente sfuggito all’attenzione. Eppure è abbastanza evidente che il mondo nel quale viviamo già poggia sulle gracili spalle del “video-bambino”: un nuovissimo esemplare di essere umano allevato dal tele-vedere – davanti a un televisore – ancor prima di sapere leggere e scrivere.
Pertanto nella prima parte di questo libro mi occupo e preoccupo del primato dell’immagine, e cioè di un prevalere del visibile sull’intellegibile che porta a un vedere senza capire. Ed è su questa premessa fondante che successivamente prendo in esame la video-politica. e cioè il potere politico della televisione. Ma lungo questo percorso la mia attenzione resta concentrata sulla paidéia, sulla crescita del video-bambino, e quindi sui processi formativi della pubblica opinione e su quanto sapere passa e non passa, attraverso i canali delle comunicazione di massa. Il più caustico, in materi, è Baudrillard: L’informazione, invece di trasformare la massa in energia, produce ancora più massa”. Certo è che la televisione – a differenza degli strumenti di comunicazione che l’hanno preceduta (fino alla radio) – distrugge più sapere e più capire di quanto trasmetta.