Il futuro demografico del paese

La fecondità è prevista in rialzo, da 1,34 a 1,59 figli per donna nel periodo 2016-2065 secondo lo scenario mediano. Tuttavia, l’incertezza aumenta lungo il periodo di previsione. L’intervallo di confidenza proiettato al 2065 è piuttosto alto e oscilla tra 1,25 e 1,93 figli per donna.

La sopravvivenza è prevista in aumento. Entro il 2065 la vita media crescerebbe fino a 86,1 anni e fino a 90,2 anni, rispettivamente per uomini e donne (80,1 e 84,6 anni nel 2015). L’incertezza associata assegna limiti di confidenza compresi tra 84,1 e 88,2 anni per gli uomini e tra 87,9 e 92,7 anni per le donne.

Nella stima della popolazione residente attesa per l’Italia un contributo determinante è esercitato dalla previsione delle migrazioni con l’estero. Il saldo migratorio con l’estero è previsto positivo, essendo mediamente superiore alle 150 mila unità annue (133 mila l’ultimo rilevato nel 2015) seppure contraddistinto da forte incertezza. Non si esclude l’eventualità, ma con bassa probabilità di concretizzarsi, che nel lungo termine esso possa diventare negativo.

Con elevata probabilità le future nascite non potranno compensare i futuri decessi 

Gli scenari previsivi di nascite e decessi misurano una evidente tendenza a registrare annualmente saldi negativi per il movimento naturale della popolazione.

Sulla base dello scenario mediano, la prospettiva di un pur parziale recupero della fecondità (da 1,34 figli per donna nel 2016 a 1,59 entro il 2065) non basterà a determinare un numero di nati che risulti, anno dopo anno, sufficiente a compensare l’aumentato numero di defunti. Nel breve termine le nascite dovrebbero diminuire fino a 458 mila unità annue entro il 2025 mentre parallelamente i decessi tendono a salire fino a 671 mila.

Nella parte centrale delle previsioni le nascite si stabilizzano intorno al valore medio annuo di 459 mila, con un lieve picco di risalita nel 2035-2039 intorno alle 463 mila unità, periodo dopo il quale ridiscenderebbero fino a 449 mila entro il 2045. Nel medesimo periodo i decessi, sotto la spinta del progressivo invecchiamento della popolazione, continuerebbero a crescere da 671 nel 2025 a 768 mila nel 2045.

Nel lungo termine, infine, le nascite continuerebbero a scendere per poi assestarsi attorno a una media di 422 mila annue nel 2055-2065. Per i decessi, invece, continuerebbe a registrarsi una costante crescita fino a un massimo di 852 mila unità nel 2058. Dopo tale anno, via via che andranno a estinguersi le generazioni del baby boom nazionale, il numero di decessi diminuirebbe fino a 821 mila entro il 2065.

A meno di un qualche significativo cambiamento del contesto globale, pertanto, la futura evoluzione demografica appare in gran parte definita. Le ipotesi riguardo al comportamento demografico futuro della popolazione possono soltanto attenuare (o accelerare) le tendenze in corso ma non modificarle in modo sostanziale. Da un lato si assisterà a una progressiva riduzione numerica delle coorti di donne in età feconda (14-50 anni), dall’altro si assisterà a coorti di popolazione in età anziana (65 anni e più) sempre più infoltite dalle positive condizioni di sopravvivenza presenti e future (86,1 e 90,2 anni, rispettivamente, la vita media maschile e femminile prevista entro il 2065). (..)

L’età media della popolazione passerà dagli attuali 44,7 a oltre 50 anni del 2065
Le previsioni demografiche forniscono anche un’immagine di come la struttura per età della popolazione potrebbe cambiare in futuro. Tali cambiamenti, illustrati dalle piramidi della popolazione, restituiscono a distanza di anni l’impatto dei fattori demografici di invecchiamento, determinati dall’azione delle nascite, dei decessi e dei movimenti migratori.

La piramide al 2016 evidenzia come già nell’anno base la struttura per età risulti piuttosto sbilanciata, con un’età media che si avvicina ai 45 anni e una quota di ultrasessantacinquenni superiore al 22%. I valori più bassi che si rilevano nelle classi di età della prima infanzia riflettono il calo delle nascite registrato negli ultimi anni. Invece, tra i valori più alti figurano quelli relativi alle coorti superstiti tra i nati del 1961-1975, che oggi presidiano la popolazione in tarda età attiva.

Nel 2025 le medesime coorti, che nel frattempo transitano a un’età compiuta di 49-63 anni, sono ancora le più numericamente consistenti. La popolazione in età attiva, oltre che a invecchiare, comincia anche a ridursi, scendendo al 63% del totale rispetto all’iniziale 64,3%. Il tutto in un quadro che, perlomeno fino al 2025, presenta blandi livelli di incertezza, fatta salva quella presente nelle prime coorti di nascita per via delle diverse ipotesi sulla fecondità (che in tale anno dovrebbe ricadere tra 1,31 e 1,57 figli per donna).

Il periodo più critico sotto il profilo della composizione per età della popolazione è molto probabilmente quello a ridosso del 2045. Intorno a tale anno la popolazione in età attiva scenderebbe al 54,3% del totale, con un’età media della popolazione salita nel frattempo a 49,7 anni (scenario mediano). Lo sbilanciamento strutturale in favore delle età anziane raggiunge il suo culmine con il 33,7% di ultrasessantacinquenni, grazie al fatto che le coorti del baby boom nazionale, ancora quelle numericamente più rilevanti, transitano in tale fase nelle classi di età comprese tra i 69 e gli 83 anni. L’incertezza associata, che a questo punto del ciclo previsivo comincia a farsi significativa in prossimità delle classi di età dell’infanzia e di quelle giovaniliadulte, non pare tuttavia alterare il quadro prospettico evidenziato nello scenario mediano. Qualunque possa essere la futura evoluzione demografica, non si potrà prescindere da un aumento progressivo della popolazione in età anziana, in un range compreso tra il 31,9 e il 35,6% del totale. Parallelamente, la popolazione in età attiva oscillerebbe tra il 52,8 e il 55,8% mentre i giovani fino a 14 anni di età tra il 10,4 e il 13,4%. (..)