Della perpetua volontà popolare

Di seguito pubblico la parte iniziale della Carta del Carnaro intitolata “Della perpetua volontà popolare” di Gabriele D’Annunzio e Alceste De Ambris e promulgata l’8 settembre 1920 a Fiume (corsivo mio).

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Della perpetua volontà popolare
Fiume, libero comune italico da secoli, pel voto unanime dei cittadini e per la voce
legittima del Consiglio nazionale, dichiarò liberamente la sua dedizione piena e intiera
alla madre patria, il 30 ottobre 1918.
Il suo diritto è triplice, come l’armatura impenetrabile del mito romano.
Fiume è l’estrema custode italica delle Giulie, è l’estrema rocca della cultura latina, è l’ultima portatrice del segno dantesco. Per lei, di secolo in secolo, di vicenda in vicenda, di lotta in lotta, di passione in passione, si serbò italiano il Carnaro di Dante. Da lei s’irraggiarono e s’irraggiano gli spiriti dell’italianità per le coste e per le isole, da Volosca a Laurana, da Moschiena ad Albona, da Veglia a Lussino, da Cherso ad Arbe.
E questo è il suo diritto storico.
Fiume, come già l’originaria Tarsàtica posta contro la testata australe del Vallo
liburnico, sorge e si stende di qua dalle Giulie. È pienamente compresa entro quel
cerchio che la tradizione la storia e la scienza confermano confine sacro d’Italia.
E questo è il suo diritto terrestre.
Fiume con tenacissimo volere, eroica nel superare patimenti insidie violenze
d’ogni sorta, rivendica da due anni la libertà di scegliersi il suo destino e il suo compito,
in forza di quel giusto principio dichiarato ai popoli da taluno dei suoi stessi avversari
ingiusti.
E questo è il suo diritto umano.
Le contrastano il triplice diritto l’iniquità la cupidigia e la prepotenza straniere; a
cui non si oppone la trista Italia, che lascia disconoscere e annientare la sua propria
vittoria.
Per ciò i1 popolo della libera città di Fiume, sempre fiso al suo fato latino e
sempre inteso al compimento del suo voto legittimo, delibera di rinnovellare i suoi
ordinamenti secondo lo spirito della sua vita nuova, non limitandoli al territorio che
sotto il titolo di «Corpus separatum» era assegnato alla Corona ungarica, ma offrendoli
alla fraterna elezione di quelle comunità adriatiche le quali desiderassero di rompere gli
indugi, di scuotere l’opprimente tristezza e d’insorgere e di risorgere nel nome della
nuova Italia.
Così, nel nome della nuova Italia, il popolo di Fiume costituito in giustizia e in
libertà fa giuramento di combattere con tutte le sue forze, fino all’estremo, per
mantenere contro chiunque la contiguità della sua terra alla madre patria, assertore e
difensore perpetuo dei termini alpini segnati da Dio e da Roma.