Di seguito un estratto di Daisaku Ikeda da “La malattia stimola lo spirito di ricerca della via” in Buddismo e società n. 174.
Conoscevo una ragazza, morta a quattordici anni, alla quale era stato diagnosticato un tumore al cervello all’età di undici anni. Per tutto il periodo della malattia fu sempre felice e luminosa. Con la sua presenza solare e positiva arrecava allegria anche alle persone adulte ricoverate in ospedale. Non c’è dubbio che la malattia le causasse terribili dolori, ma lei continuava a recitare Daimoku e a incoraggiare gli altri. Prossima alla morte, disse a una persona che era andata a farle visita: «Non mi preoccupo più della mia malattia. Ho smesso di recitare Daimoku per me. Ci sono tante persone che stanno peggio, sto recitando con tutto il cuore affinché incontrino il Gohonzon il prima possibile e scoprano con la loro vita quanto è meraviglioso». E ai suoi genitori rivolse luminosa queste parole: «Come sarebbe andata se fosse successo a te, babbo? Ci saremmo trovati nei guai. E la stessa cosa se fosse accaduto a te, mamma. E se fosse capitato al mio fratellino, sono certa che non sarebbe stato in grado di affrontarla. Sono contenta che invece sia successo a me. […] Sono sicura che è l’effetto di una promessa che ho fatto prima di nascere. Se la mia vita riuscirà in qualche modo a toccare e ispirare le persone che mi conoscono, io sarò felice».
Quando venni a conoscenza della lotta di questa ragazzina contro la malattia, le mandai un bouquet di rose, un ventaglio giapponese su cui erano scritte le parole “luce di felicità” e una fotografia che avevo scattato a un campo di iris in fiore. Ho saputo che quando li ricevette ne fu entusiasta. A chi la circondava lasciò queste parole: «Fede significa continuare a credere fino alla fine», che mise in pratica con la sua stessa vita.
Al funerale tantissime persone vennero a porgerle l’ultimo saluto in segno di rispetto. Nella sua breve esistenza, durata solo quattordici anni, aveva parlato della grandezza della Legge mistica a più di mille persone.
Lei ha vinto. Ne sono certo. Tutto ciò che le è accaduto ha avuto un significato. O meglio, con la sua lotta ha dato un significato alla sofferenza. Diceva che la sua malattia era l’effetto di una promessa fatta nelle vite passate.
Il Buddismo insegna il principio di “assumere volontariamente il karma appropriato”.* Chi pratica la Legge mistica sceglie volontariamente di rinascere in una situazione dolorosa per dimostrare il potere del Buddismo agli altri attraverso la sua lotta e la sua vittoria. Questo è il modo di vivere del bodhisattva.
* Assumere volontariamente il karma appropriato: si riferisce ai bodhisattva che, sebbene abbiano diritto a ricevere i puri benefici della pratica buddista, vi rinunciano e fanno voto di rinascere in un mondo impuro per salvare gli esseri viventi. Diffondono la Legge mistica mentre incontrano le stesse sofferenze di coloro che nascono in un mondo malvagio a causa del loro karma. Questa espressione deriva dall’interpretazione data dal Gran Maestro Miao-lo di importanti passi del decimo capitolo del Sutra del Loto, Il maestro della Legge.