Di passaggio

Di seguito il video della canzone di Franco Battiato Di passaggio tratto dall’album L’imboscata del 1997.

Tautò tèni zwn kài
Tethnekóz kai egregoròs
Kai kathèudon kai nèon kai
Ghraiòn tade gàr
Metapésonta ekéina ésti
Kakéina pàlin táuta
Passano gli anni
I treni, i topi per le fogne
I pezzi in radio
Le illusioni, le cicogne
Passa la gioventù
Non te ne fare un vanto
Lo sai che tutto cambia
Nulla si può fermare
Cambiano i regni
Le stagioni, i presidenti
Le religioni
Gli urlettini dei cantanti
E intanto passa ignaro
Il vero senso della vita
Si cambia amore, idea, umore
Per noi che siamo solo di passaggio
L’Informazione
Il coito, la locomozione
Diametrali delimitazioni
Settecentoventi case
Soffia la verità
Nel libro della formazione
Passano gli alimenti
Le voglie, i santi, i malcontenti
Non ci si può bagnare
Due volte nello stesso fiume
Né prevedere
I cambiamenti di costume
E intanto passa ignaro
Il vero senso della vita
Ci cambiano capelli, denti e seni
A noi che siamo solo di passaggio
Eipas ‘Hêlie khaire’
Kleombrotos Hômbrakiôtês
Hêlat’ af’ hupsêlu
Teikheos eis Aidên,
Axion uden
Idôn thanatu
Kakon, alla Platônos
Alla Platônos
 
Compositori: Francesco Battiato / Manlio Sgalambro
Testo di Di passaggio © Universal Music Italia Srl., L’ottava Srl.

Nell’Ombra

Di seguito il corto-animato A Shadow – A Modern Odissey di Lubomir Arsov del 2017.. “un viaggio visionario attraverso i frammenti dell’inconscio dell’Occidente per affrontare con coraggio l’Ombra”.

Alcune citazioni di Carl Gustav Jung riprese dal sito internet del corto-animato:

Nessun albero, si dice, può crescere in paradiso se le sue radici non raggiungono l’inferno.

Ognuno porta con sé un’ombra, e meno è incarnata nella vita cosciente dell’individuo e più essa è nera e densa.. se viene repressa e isolata dalla coscienza, non sarà mai corretta.

A cosa servono i giovani?

Di seguito un bellissimo video di Stefano Laffi sui giovani oggi da TEDx MIlano.

Il suo discorso è un potente grido di allarme per tutti coloro che hanno un ruolo educativo nella vita delle giovani generazioni. E vorrebbe che effettivamente riflettessimo in modo efficace sull’impatto che la nostra società e il nostro approccio hanno sul futuro dei giovani.

[…] Noi in realtà i bambini e i ragazzi non li vediamo.. li guardiamo non per quello che sono, che fanno, ma per quello che ancora non sono, non fanno, non hanno , cioè sostanzialmente misuriamo la loro distanza fra nostra aspettativa, il nostro standard, la nostra misura e quello che sono ma che non ci basta e la loro vita va avanti fino a 16/20 anni..
quando incontro i ragazzi che incontro e con cui faccio ricerca e loro mi dicono: “Ma tutti questi test, queste verifiche, queste prove, questi casting [a parte in Italia..] in vista di cosa? Qual’era il premio, qual’era il traguardo di questa rincorsa?” E poi ti dicono: “ma io in realtà non so cosa mi piace.. ho sempre fatto quello che dovevo e poi non mi sento abbastanza.. forse non sono adeguato, forse non ce la farò, forse non riuscirò, non lo so, non so cosa scegliere, ho paura del futuro”.

Ma come è possibile? Nell’età della potenza, dell’eros, del desiderio avere paura della realtà e del futuro?

Ma come abbiam potuto portare una generazione a quel punto? Anziché convocarla nella realtà li abbiamo tenuti in esilio, in cattività, anziché dare i compiti di realtà e di responsabilità. Questo dico.. è una follia che non possiamo più permetterci. […]

[I giovani] devono essere formati come pionieri. Pionieri completamente diversi vuol dire che devi spostare la frontiera della conoscenza, vuol dire che devi studiare e che devi anche imparare a disimparare, come diceva Gregory Bateson, quindi sostanzialmente a ricostruire completamente le regole. Vuol dire che devi essere formato con domande, non allenato  rispondere come succede a scuola, e queste domande. […]

Stefano Laffi, tra le tante cose, è autore di due bellissimi libri sui giovani: Il furto: mercificazione dell’età giovanile (2000) e La congiura contro i giovani (2014).

L’effetto Dunning-Kruger

Cos’è l’effetto Dunning-Kruger?

Secondo gli psicologi David Dunning e Justin Kruger “è una distorsione cognitiva a causa della quale individui poco esperti in un campo tendono a sopravvalutare le proprie abilità autovalutandosi, a torto, esperti in quel campo. Come corollario di questa teoria, spesso gli incompetenti si dimostrano estremamente supponenti” (fonte wikipedia). Allo stesso tempo, tale effetto può produrre la distorsione inversa, con un’affievolita percezione della propria competenza e una diminuzione della fiducia in sé stessi, poiché gli individui competenti sarebbero portati a vedere negli altri un grado di comprensione equivalente al proprio. Come sottolinea il video tratto da Ted:

“Le persone con un buon grado di esperienza o di conoscenza spesso sono poco sicure sulle proprie effettive abilità.. ne sanno abbastanza da sapere che c’è ancora un sacco da sapere.”

[…] Cosa puoi fare per capire quanto sei bravo veramente nelle diverse cose che fai?

Primo, chiedi spesso del feedback alle altre persone, e tienine conto, anche se può essere difficile da sentire.

Secondo, e più importante, continua ad imparare. Più ne sai, meno buchi invisibili avrai tra le tue conoscenze e competenze.”

 

 

 

Qui – Unskilled and Unaware of It: How Difficulties in Recognizing One’s Own
Incompetence Lead to Inflated Self-Assessments – la ricerca dei due autori Dunning e Kruger.

Qui – The Cocksure Versus the Intelligent – un bell’articolo che prova a spiegare la famosa frase di Bertrand Russell: “The trouble with the world is that the stupid are cocksure and the intelligent are full of doubt”.

Qui sotto invece un piccolo estratto dell’articolo The Merchandising of Virtue  di Nassim Nicholas Taleb:

[…] Hence the principle:

If your private life conflicts with your intellectual opinion, it cancels your intellectual ideas, not your private life

and

If your private actions do not generalize then you cannot have general ideas […]

The more costly, the more virtuous the act — particularly if it costs you your reputation. When integrity conflicts with reputation, go with integrity. […]

Va tutto bene…

Va tutto bene.
A dicembre 2017 c’è stata la presentazione del 51° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2017. Ascoltando la presentazione, mi ero segnato qualche appunto sparso che riporto di seguito.

Oggi i risultati delle recenti elezioni (che hanno premiato i due partiti di più “rottura”) sembrano in linea con le tendenze socio-economiche raccontate dal Rapporto.

– “gli italiani stanno vivendo un quieto andare nella ripresa”?
– disaffezione nei confronti della politica perché sono anni che non si curata la solidarietà sociale
– giovani pochi e maltrattati
– un grande assente: gli investimenti pubblici
– vi è microfelicità quotidiana riconquistata dagli italiani
– cultura e entertainment sono il nuovo passpartout per stare nella globalità
– pesa anche il saldo migratorio dei cittadini italiani verso l’estero che aumenta sempre più
– denatalità
– progressivo invecchiamento
– degiovanimento del paese
– riduzione del peso demografico: una miccia accesa che rischia di deflagrare nel futuro perché si pone un problema strutturale del sistema paese
– il ricambio generazionale non viene più assicurato
– “i giovani non contano perché sono pochi”.. sono un bacino elettorale scarso (11 milioni), ma che si riduce nel tempo e quindi non li guarda con sufficiente attenzione
– manca attenzione alla qualità del capitale che stiamo attraendo
– se poi ci metti che i migliori giovani scappano dall’Italia
– vi è il fenomeno dell’overeducation
– vi è il timore di un declassamento sociale: l’87% dei Millennials pensa che sia molto difficile l’ascesa sociale e il 69% di loro pensa che sia molto facile l’arretramento sociale
– vi è risentimento e nostalgia nei confronti della politica e di chi è rimasto indietro
– si è verificata la rottura patto intergenerazionale che aveva fatto da guida al paese dal dopoguerra in avanti, ossia di quella tacita promessa per cui le generazioni più giovani avrebbero goduto di condizioni sociali economiche, occupazionali migliori delle generazioni precedenti
– oggi l’immaginario collettivo ha perso la forza propulsiva che aveva avuto in passato
– il corpo sociale fatica a star dietro all’innovazione tecnologica
– affanno complessivo della società italiana
– il rancore sfocia in una crisi familiare piccola e contenuta, rimane inscatolata in circuiti stretti e non diventa conflitto sociale
– il rancore sociale non ha ancora portato a quella frattura che sarebbe necessaria per aprire un nuovo ciclo
– il futuro si è incollato al presente

Le «Considerazioni generali» Un Paese in cui il futuro è rimasto incollato al presente:
La politica invece ha mostrato il fiato corto, nell’incessante inseguimento di un quotidiano «mi piace», nella personale verticalizzazione della presenza mediatica. I decisori pubblici sono rimasti intrappolati nel brevissimo periodo. Il disimpegno dal varo delle riforme sistemiche, dalla realizzazione delle grandi e minute infrastrutture, dalla politica industriale, dall’agenda digitale, dalla riduzione intelligente della spesa pubblica, dalla ricerca scientifica, dalla tutela della reputazione internazionale del Paese, dal dovere di una risposta alla domanda di inclusione sociale, ha prodotto una società che ha macinato sviluppo, ma che nel suo complesso è impreparata al futuro.

Se chi ha responsabilità di governo e di rappresentanza si limita a un gioco mediatico a bassa intensità di futuro, resteremo nella trappola del procedere a tentoni, senza metodo e obiettivi, senza ascoltare e prevedere il lento, silenzioso, progredire del corpo sociale.”

Il capitolo «La società italiana al 2017» La ripresa c’è e l’industria va, ma cresce l’Italia del rancore:

“[…] L’Italia dei rancori. Nella ripresa persistono trascinamenti inerziali da maneggiare con cura. Non si è distribuito il dividendo sociale della ripresa economica e il blocco della mobilità sociale crea rancore. L’87,3% degli italiani appartenenti al ceto popolare pensa che sia difficile salire nella scala sociale, come l’83,5% del ceto medio e anche il 71,4% del ceto benestante. Pensano che al contrario sia facile scivolare in basso nella scala sociale il 71,5% del ceto popolare, il 65,4% del ceto medio, il 62,1% dei più abbienti. La paura del declassamento è il nuovo fantasma sociale. Ed è una componente costitutiva della psicologia dei millennials: l’87,3% di loro pensa che sia molto difficile l’ascesa sociale e il 69,3% che al contrario sia molto facile il capitombolo in basso. Allora si rimarcano le distanze dagli altri: il 66,2% dei genitori italiani si dice contrario all’eventualità che la propria figlia sposi una persona di religione islamica, il 48,1% una più anziana di vent’anni, il 42,4% una dello stesso sesso, il 41,4% un immigrato, il 27,2% un asiatico, il 26,8% una persona che ha già figli, il 26% una con un livello di istruzione inferiore, il 25,6% una di origine africana, il 14,1% una con una condizione economica più bassa. E l’immigrazione evoca sentimenti negativi nel 59% degli italiani, con valori più alti quando si scende nella scala sociale: il 72% tra le casalinghe, il 71% tra i disoccupati, il 63% tra gli operai.

Il rimpicciolimento del Paese. La demografia italiana è segnata dalla riduzione della natalità, dall’invecchiamento e dal calo della popolazione. Per il secondo anno consecutivo, nel 2016 la popolazione è diminuita di 76.106 persone, dopo che nel 2015 si era ridotta di 130.061. Il tasso di natalità si è fermato a 7,8 per 1.000 residenti, segnando un nuovo minimo storico di bambini nati (solo 473.438). La compensazione assicurata dalla maggiore fertilità delle donne straniere si è ridotta. A fronte di un numero medio di 1,26 figli per donna italiana, il dato delle straniere è di 1,97, ma era di 2,43 nel 2010. Nel 1991 i giovani di 0-34 anni (26,7 milioni) rappresentavano il 47,1% della popolazione, nel 2017 sono scesi al 34,3% (20,8 milioni). Pesa anche la spinta verso l’estero: i trasferimenti dei cittadini italiani nel 2016 sono stati 114.512, triplicati rispetto al 2010 (39.545). Il ricambio generazionale non viene assicurato e il Paese invecchia: gli over 64 anni superano i 13,5 milioni (il 22,3% della popolazione). E le previsioni annunciano oltre 3 milioni di anziani in più già nel 2032, quando saranno il 28,2% della popolazione complessiva. […]

Risentimento e nostalgia nella domanda politica di chi è rimasto indietro. L’onda di sfiducia che ha investito la politica e le istituzioni non perdona nessuno: l’84% degli italiani non ha fiducia nei partiti politici, il 78% nel Governo, il 76% nel Parlamento, il 70% nelle istituzioni locali, Regioni e Comuni. Il 60% è insoddisfatto di come funziona la democrazia nel nostro Paese, il 64% è convinto che la voce del cittadino non conti nulla, il 75% giudica negativamente la fornitura dei servizi pubblici. Non sorprende che i gruppi sociali più destrutturati dalla crisi, dalla rivoluzione tecnologica e dai processi della globalizzazione siano anche i più sensibili alle sirene del populismo e del sovranismo. L’astioso impoverimento del linguaggio rivela non solo il rigetto del ceto dirigente, ma anche la richiesta di attenzione da parte di soggetti che si sentono esclusi dalla dialettica socio-politica.”