IV Rapporto sul divario generazionale

E’ online il Rapporto 2021 sul Divario Generazione dal titolo “Il Divario Generazionale attraverso la pandemia, la ripresa e la resilienza”, (curato dai professori Luciano Monti e Fabio Marchetti) e presentato il 10 marzo scorso presso il Campus Luiss Guido Carli di Viale Pola.

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Per una più precisa disamina dell’incontro si rimanda a Il divario generazionale nel quarto rapporto della Fondazione Bruno Visentini.

Nella presentazione del 10 marzo il Professor Marchetti ha illustrato quali siano le quattro raccomandazioni per il paese per diminuire questo divario:

1) Valutazione dell’impatto generazionale – richiesta che, attraverso il COVIGE (Comitato per la valutazione dell’impatto generazionale delle politiche pubbliche) ha fatto un ’importante passo in avanti.

2) Patto per l’occupazione giovanile – incentivi alle imprese per l’assunzione dei giovani, garantendo contratti sicuri e permanenti.

3) Sistema pensionistico integrativo e riduzione della pressione fiscale – i giovani devono guadagnare la loro maturità contributiva, per cui il sostegno nei primi loro anni lavorativi dovrebbe essere maggiore.

4) Reddito opportunità per il Mezzogiorno – offrire ai giovani uno strumento unico che permetta loro di ottenere aiuti e incentivi riguardo la transizione tra la scuola il lavoro, la ricerca e sviluppo, la formazione e l’occupazione, il sostegno ai nuclei familiari. Lo strumento potrebbe essere realizzato attraverso la Legge di Bilancio del 2022 o con il PNRR.

Secondo la presentazione del Rapporto dalla pagina ufficiale dell’Osservatorio delle politiche giovanili:

Non è più tempo di analisi degli effetti del divario generazionale che penalizza i giovani (alto numero di Neet, povertà giovanile, dispersione scolastica); è tempo di rimuovere stabilmente le cause che lo hanno generato nei due decenni passati.

Il cambio di paradigma e il ripensamento strutturale delle politiche pubbliche “generazionali” – o comunque atte ad impattare sul fenomeno del divario – richiedono un impegno che sia duraturo nel tempo – secondo il Rapporto curato dai professori Luciano Monti e Fabio Marchetti – volto non tanto a calmierarne gli effetti sopra menzionati, ma a rimuoverne la rigidità del mercato del lavoro, il basso collegamento tra quest’ultimo e il mondo della scuola e gli ostacoli all’imprenditorialità, nonché a promuovere l’innovazione e lo sviluppo di nuove competenze.

Livelli di disuguaglianza generazionale senza precedenti; un’analisi delle strategie per rimuoverne strutturalmente le cause e il cambio di passo del Governo sulle politiche giovanili, nel secondo semestre 2021: sono queste le principali traiettorie emerse dal “IV Rapporto sul Divario Generazionale”.

All’interno del Rapporto, il nuovo “Indice di Divario Generazionale 3.0” (GDI – Generational Divide Index 3.0), frutto del costante aggiornamento e affinamento dello strumento di rilevazione e misurazione del divario a cura dell’Osservatorio sulle Politiche Giovanili (www.osservatoriopolitichegiovanili.it), ha mostrato livelli di diseguaglianza generazionale mai riscontrati prima.

La misurazione per il 2020 – fatto 100 il 2006 – rileva, infatti, 142 punti, ben oltre il picco registrato nel 2014 (138 punti), con un incremento sull’anno precedente (+12 punti). Questo dato conferma il fatto che le crisi sistemiche che colpiscono il nostro Paese, in questo caso la pandemia, hanno sempre un impatto generazionale asimmetrico che ricade maggiormente sulle fasce più giovani. In tal senso, è inizialmente sembrata un’occasione mancata la scelta di non inserire all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza una missione specifica per i giovani, dato che le risorse previste per le prossime generazioni rappresentano una percentuale poco significativa. Secondo l’elaborazione della Fondazione Bruno Visentini, le misure generazionali stimate ammontano a 3,97 miliardi di euro per il periodo 2021-2026, pari al 2,08% sul totale delle risorse del Recovery and Resilience Facility. Gli interventi a carattere potenzialmente generazionale hanno, invece, un’incidenza del 2,9% sulle risorse stanziate dal Piano, portando complessivamente gli interventi per i giovani nel PNRR a circa il 5%. Anche nella legge di Bilancio 2021, peraltro in continuità con quella dei governi precedenti, le misure impattanti sui giovani – secondo il Rapporto – si presentavano disarticolate e complessivamente non commisurate all’importanza della sfida, alla permanenza di un vero e proprio esercito di NEET e alla fuga del capitale umano.

Il 2° Rapporto sul divario generazionale

Di seguito l’abstract del 2° Rapporto 2018 della Fondazione Bruno Visentini intitolato  Il divario generazionale: un patto per l’occupazione dei giovani di prossima uscita.

Nel I Rapporto della Fondazione Bruno Visentini su “Il divario generazionale tra conflitti e solidarietà”, pubblicato nel marzo del 2017, è stata per la prima volta messa in rilievo la gravità del divario generazionale che colpisce e potenzialmente potrebbe colpire oltre 12 milioni di persone, tanti sono i cittadini italiani tra i 15 e il 34 anni, i più giovani dei quali appartenenti alla ‘generazione Zero’ (la fascia fino a 18 anni) e gli altri ai ‘Millennials’ (la fascia 19-34 anni). Tra questi, secondo le rilevazioni Istat per l’anno 2017, oltre un quarto sono in condizioni di inoccupazione, volontaria o meno, i cosiddetti Neet (i giovani non impegnati nello studio, né nel lavoro, né nella formazione). Il dibattito che ne è derivato ha preso spunto dalla costatazione, evidenziata nel Rapporto, che se non si dovesse intraprendere tempestivamente una strategia di contrasto a tale divario, nel 2030 potremmo assistere a un’intera generazione incapace di maturare e di assicurarsi una vita autonoma se non quando ultraquarantenne.
Come sovvertire questo stato di cose? Nel citato Rapporto del 2017 si sono tracciate le prime linee guida di un vero e proprio nuovo piano Marshall per i giovani italiani, così sintetizzabili: a) la creazione di una legge quadro che metta a sistema tutte le misure generazionali presenti nel nostro ordinamento e quelle da introdurre; b) una dotazione di circa trenta miliardi di euro in tre anni, che permetta di ridurre nel medio periodo l’attuale equivalente costo alla collettività dei Neet (stima Eurofound); c) l’istituzione di un fondo per il sostegno di questo piano alimentato in larga misura da un prelievo temporaneo sulle pensioni più elevate.

Il II Rapporto 2018 della Fondazione, intitolato “Il divario generazionale: un patto per l’occupazione dei giovani”, mette a fuoco un Indice di divario generazionale, il GDI 2.0, più sofisticato del precedente con un paniere di indicatori più articolato (cap.1); le prospettive dei giovani legate alle nuove professioni, tra mansioni e competenze (cap.2); un atlante delle misure generazionali e delle misure non generazionali ma con impatto nella riduzione del divario (cap. 3), e un’analisi delle buone pratiche rilevate in 19 paesi nel mondo (cap.4).
Nell’ultimo capitolo (cap.5) viene presentata la proposta del piano di intervento per ridurre il divario generazionale, ulteriormente articolata e dettagliata. Essa in particolare prevede che le risorse possano essere rese disponibili grazie a una riprogrammazione delle numerose e frammentate misure generazionali (talune anche cofinanziate da fondi europei, come ad es. la Garanzia Giovani) e la relativa concentrazione in un unico strumento di conto individuale per i giovani, definito “Una mano per contare” perché prevede cinque misure a sostegno dell’occupazione giovanile a costo zero, grazie alla razionalizzazione e messa a sistema delle risorse esistenti, che concernono in dettaglio:
1- Transizione dalla scuola al mondo del lavoro
2- Ricerca e sviluppo in azienda
3- Formazione e orientamento all’occupazione
4- Impiego e autoimpiego
5- Bonus abitazione.

La creazione di questo conto prevede la possibilità, nell’arco di 20 anni (dai 16 anni ai 34), di acquisire servizi/benefit fiscali/sgravi contributivi per integrare le proprie esperienze di alternanza scuola lavoro, fare ricerca nelle imprese, orientamento, formazione continua, esperienza di attività imprenditoriale, poter disporre di una casa e di servizi di supporto alla nuova famiglia.

In conclusione, il II Rapporto 2018 della Fondazione Bruno Visentini non invita solo ad una riflessione più approfondita sul fenomeno del divario generazionale e le sue implicazioni economiche, sociali ed etiche, ma fornisce al legislatore una piattaforma di interventi tra loro coordinati senza un gravame ulteriore sui conti dello Stato. Ciò che quindi non lascia spazio a ulteriori alibi avanzati da coloro che ritengono non attuabile un intervento a salvaguardia dei diritti dei nostri cittadini più giovani. Diritti sanciti, come già evidenziato nel precedente Rapporto, dall’Art. 3, secondo comma, della nostra Carta Costituzionale.

Rapporto Censis 2018

Di seguito il video della presentazione del Rapporto Censis 2018.

“Una tarpa che scava nella storia”

I giovani: una generazione in via di estinzione, pochi numericamente e in flessione nel tempo.

LAVORO LAVORO LAVORO: Scomparsi 1,4 milioni di giovani lavoratori 24-35 anni dal 2007 ad oggi.

Il capitolo «Le Considerazioni generali» del 52° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2018

Il capitolo «La società italiana al 2018» del 52° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2018

Protezione sociale ed equilibrio intergenerazionale

Di seguito l’estratto iniziale e quello finale del paper di Tiziano Treu Protezione sociale ed equilibrio intergenerazionale.

Il rapporto fra le generazioni è un elemento costitutivo dell’ordine sociale; il suo equilibrio ne garantisce la stabilità e l’equità. Le grandi trasformazioni che in questi ultimi anni stanno alterando i  principali aspetti dei sistemi economici e salariali ricevuti dalla tradizione,
compresi quelli che determinano le relazioni fra diverse età della vita.
I principali indicatori sulle condizioni di vita e di lavoro di giovani e anziani sono stati così profondamente modificati, e divaricati, da far ritenere che l’equilibrio intergenerazionale è in pericolo: anzi secondo alcuni, si è già rotto.
I fattori determinanti di questa divaricazione sono strutturali, radicati anzitutto nelle tendenze demografiche che segnalano riduzione della natalità da una parte e allungamento delle aspettative di vita, con il conseguente invecchiamento della popolazione, dall’altra.
Queste tendenze sono legate a componenti biologiche naturali, ma su cui sono intervenute scelte sociali e politiche che hanno influito sulla loro intensità e direzione, come risulta evidente dalla diversità con cui esse si manifestano nei diversi paesi.
Infatti le scelte di policy dei vari paesi relative alle principali condizioni economiche e sociali delle persone hanno contribuito a determinare il contenuto dei rapporti intergenerazionali, in molti casi accentuandone lo squilibrio.
Una importanza centrale al riguardo – come si vedrà subito – rivestono i vari istituti di protezione sociale e di welfare cui fa riferimento il titolo del mio contributo, ancora a monte le politiche economiche e di sviluppo con particolare riguardo a quelle occupazionali, nonché le misure per l’educazione e l’istruzione, sempre più decisive nella società della conoscenza.

[…]

In conclusione va sottolineato che il riequilibrio fra le generazioni, proprio perché si radica profondamente nei costumi e nei rapporti personali e sociali, richiede non solo misure economiche, ma la riattivazione di intensi canali comunicativi e di scambi di esperienze fra giovani e anziani.
Si tratta di una ricerca culturale e sociale innovativa, perché molti canali e rapporti tradizionali fra le generazioni sono oscurati, se non interrotti, dalle attuali modalità di vita e di comunicazione, che sono molto diverse da quelle prevalenti anche solo pochi decenni fa. Più in generale la riattivazione di questi canali deve fare i conti con le tensioni e con le forze
centrifughe che minacciano la coesione sociale in tutti i paesi moderni.
La ricerca va perseguita nei diversi luoghi in cui le persone e le generazioni si incontrano. Fra questi c’è in primis la famiglia, che si è allargata con la compresenza di più generazioni e che va aiutata a reagire alle tensioni e alle difficoltà esterne, non solo economiche, per continuare
ad essere un luogo di convivenza e di crescita comune. I luoghi di lavoro, anche se sempre più diversificati e spesso resi indefiniti dalle tecnologie digitali, continuano ad essere importanti per le persone e per una parte consistente della loro vita. Per questo anche nei luoghi di lavoro il riequilibrio generazionale deve essere favorito con tutti gli strumenti e le pratiche sopra ricordati, a cominciare dalla condivisione fra giovani e anziani di ruoli e di esperienze professionali e umane.

I millennials sono diversi?

Uscito a novembre un’analisi sui millennials della Federal ReserveAre Millennials Different?. Di seguito l’abstract:

The economic wellbeing of the millennial generation, which entered its working-age years around the time of the 2007-09 recession, has received considerable attention from economists and the popular press. This chapter compares the socioeconomic and demographic characteristics of millennials with those of earlier generations and compares their income, saving, and consumption expenditures. Relative to members of earlier generations, millennials are more racially diverse, more educated, and more likely to have deferred marriage; these comparisons are continuations of longer-run trends in the population. Millennials are less well off than members of earlier generations when they were young, with lower earnings, fewer assets, and less wealth. For debt, millennials hold levels similar to those of Generation X and more than those of the baby boomers. Conditional on their age and other factors, millennials do not appear to have preferences for consumption that differ significantly from those of earlier generations.

Millennials are killing countless industries — but the Fed says it’s mostly just because they’re poor

LIving Planet Report 2018

Uscito da poco il Living Planet Report 2018 del WWF.

Qui intero in inglese. Qui sintesi in italiano.

Risultati immagini per living planet report 2018

L’Indice del Pianeta Vivente (Living Planet Index) è un indicatore dello stato della biodiversità globale, elaborato dal WWF e dalla Zoological Society of London, che ci segnala quindi lo stato di salute della biodiversità del nostro pianeta. Pubblicato per la prima volta nel 1998, per due decenni ha registrato l’abbondanza di 16.704 popolazioni di oltre 4.000 specie di mammiferi, uccelli, pesci, rettili e anfibi (gli animali vertebrati) in tutto il mondo.
L’Indice analizza i trend di queste popolazioni, selezionate in maniera scientifca, quale misura dei cambiamenti nella biodiversità. In questa edizione 2018, la ventesima del Living Planet Report, l’indice include i dati dal 1970 al 2014 e mostra un declino globale del 60% nella dimensione delle popolazioni di vertebrati che, in pratica, significa un crollo di più della metà in meno di 50 anni.