Il discorso della nonna

Di seguito il “discorso della nonna” tratto dal film “Figli” del 2020 di Giuseppe Bonito.

“Voi dovete capire bene una cosa una volta per tutte. Noi anziani siamo una forza silenziosa e tranquilla, ma se ci incazziamo sono dolori. Perché siamo di più. Siamo tantissimi. Ogni 100 giovani ci sono 165 anziani. E questo significa maggioranza assoluta, e cioè, virtualmente, Camera Senato e governo della Repubblica. Abbiamo le tv, perché condizioniamo palinsesti e linee editoriali: Sanremo è fatto per noi, e così anche la grande fiction nazional-popolare. Gli inserzionisti pubblicitari, intorno a cui ruota il mondo, hanno noi come chiodo fisso. Le case di proprietà e i libretti di risparmio su cui regge l’intera economia di questo paese – e senza i quali chiudevamo come la Grecia – sono in mano nostra. Il teatro tiene grazie a noi, e così anche quel che resta del cinema. E con il nodo pensioni teniamo in scacco l’intera economia nazionale. Ci manca solo un po’ più di consapevolezza e coesione, e saremo pronti, finalmente, a fare il culo a tutti”.

Guardate ovunque

Non mi capita spesso di guardare un gran bel film poiché in genere preferisco impiegare il mio tempo in altri miei interessi, ma onestamente debbo dire che il film di cui ora tutti stanno parlando a me è piaciuto molto perché riesce a descrivere in modo intelligente e ironico il nostro tempo.

Tra i vari articoli letti a riguardo mi sono molto piaciute le riflessioni di Paolo Benanti che condivido: Don’t look up: la banalità del male (digitale).

In aggiunta quello che mi sento di dire è di “guardare ovunque”..

non solo sopra o davanti (come nel film), ma ovunque

sopra e sotto

avanti e indietro

a destra e a sinistra

fuori e dentro di voi

ovunque

guardate col vostro cervello e col vostro istinto cercando di capire, conoscere e studiare quanto più vi è concesso.

Alle brutte, prendete in prestito il cervello e l’istinto dalle migliori persone che conoscete, fatene tesoro e agite di conseguenza.

Se Jonas ci aiuta a interpretare “Don’t look up”

Nell’Ombra

Di seguito il corto-animato A Shadow – A Modern Odissey di Lubomir Arsov del 2017.. “un viaggio visionario attraverso i frammenti dell’inconscio dell’Occidente per affrontare con coraggio l’Ombra”.

Alcune citazioni di Carl Gustav Jung riprese dal sito internet del corto-animato:

Nessun albero, si dice, può crescere in paradiso se le sue radici non raggiungono l’inferno.

Ognuno porta con sé un’ombra, e meno è incarnata nella vita cosciente dell’individuo e più essa è nera e densa.. se viene repressa e isolata dalla coscienza, non sarà mai corretta.

Come mai

(…) I figli degli operai
I figli dei bottegai
I figli di chi è qualcuno e di chi non lo sarà mai
Come mai come mai
Che cazzo di animali in questi giorni miei (…) 

“Tutti giù per terra” CSI

Di seguito il primo paragrafo del libro Tutti giù per terra (1994) di Giuseppe Culicchia. Sotto l’ultima parte dell’omonimo film con la canzone omonima dei CSI.

(…) Hungry darkness of living
Who will thirst in the pit?
She spent a lifetime deciding
How to run from it (…)
Ghetto defendant, The Clash, 1982

Risultati immagini per tutti giù per terra libro1.
Giro giro tondo, casca il mondo…
Verso la fine degli anni Ottanta il mondo pareva proprio sul punto di cascare e io nell’attesa mi limitavo a girare in tondo, giorno dopo giorno. Facevo sempre più o meno lo stesso percorso. Senza una meta. Ogni giorno le stesse vie. Le stesse vetrine. Le stesse facce. I commessi guardavano fuori dai negozi come gli animali allo zoo guardavano i turisti. Rispetto a loro mi sentivo in libertà. Ma ero libero di non far niente.
Via Po piazza Castello via Roma. Piazza San Carlo via Carlo Alberto via Lagrange. Piazza Carignano piazza Carlo Alberto via Po. E poi di nuovo: piazza Castello, via Roma, piazza San Carlo. Tutti i giorni. Giorno dopo giorno. Chilometro dopo chilometro. All’infinito. La suola del mio unico paio di scarpe si era tutta consumata. Mi sforzavo di camminare appoggiando il meno possibile il piede sulla strada ma riuscivo soltanto a saltellare. Non volevo un lavoro da commesso. Non volevo fare carriera. Non volevo rinchiudermi in una gabbia. Intanto però la mia gabbia era la città. Le sue strade sempre uguali erano il mio labirinto. Senza un filo a cui aggrapparmi. Senza più nulla vedere. […]


(…) Come non sapere come non farsi fregare
Come non potere avere niente da imparare
Come non voler sentire quello che hai da dire
Come non trovare mai la forza d’affiorare
I figli degli operai
I figli dei bottegai
I figli di chi è qualcuno e di chi non lo sarà mai
Come mai come mai
Come mai
Troppi motivi non esistono
Troppi colori si confondono
Come nei film
Come nei film
I figli degli operai
I figli dei bottegai
I figli di chi è qualcuno e di chi non lo sarà mai
Come mai come mai
Che cazzo di animali in questi giorni miei
Come mai come mai (…)
“Tutti giù per terra”, CSI

La mia esistenza si era sviluppata o solo accumulata?

È uscito qualche giorno fa il film L’altra metà della storia, trasposizione cinematografica del libro Il senso di una fine di Julian Barnes, uno dei migliori romanzi che abbia letto negli ultimi anni.
Anche se la trama del film è semplificata ed addolcita rispetto a quella del libro, non è affatto male e vale la pena vederlo.

La storia è relativamente semplice. Immaginatevi giovani. Te (Tony), la tua ragazza Veronica e il tuo migliore amico Adrian. Le cose però non vanno come desidereresti, ti lasci, e poi la tua ex ragazza si mette con il tuo migliore amico. Non la prendi bene. Preso da un momento di rabbia scrivi ad entrambi una lettera molto cattiva: “[…] beh, quel che è certo è che siete fatti l’una per l’altra, perciò vi auguro tanta felicità. Spero che invischiate tanto da rendere il reciproco danno permanente. Spero che possiate rimpiangere il momento in cui vi ho fatto incontrare. E spero che quando vi lascerete – perché è inevitabile che succeda, vi do tempo sei mesi, che la vostra comune presunzione trasformerà in un anno, col che vi incasinerete anche di più, ve lo garantisco – dobbiate affrontare un’intera vita di amarezza che avvelenerà tutti i vostri rapporti successivi. Una parte di me si augura anche che facciate un figlio, perché credo ciecamente nella vendetta del tempo, già, per la generazione prossima e quella a seguire. […].
Personalmente, [Veronica] non posso nuocerti, ora come ora, ma ci penserà il tempo. Sarà il tempo ad avere l’ultima parola. È sempre così.
Ricevete pertanto i miei più sentiti auguri, e possa una pioggia acida cadere copiosa sulle vostre sante e indissolubili teste”.

Dopo poco tempo Adrian si suicida. Te vai avanti con la tua vita e non ci pensi più. Ti sposi, lavori al ministero, fai una figlia, divorzi, rimani in buoni rapporti con la tua ex moglie, vai in pensione, hai i tuoi hobby. Una vita come tante altre.

Ad un certo punto però ricevi un eredità. È da parte della mamma (appena scomparsa) di Veronica. Ti lascia un diario e dei soldi, e ti dice che in fondo gli ultimi mesi di vita di Adrian erano stati felici. Il diario però non c’è. Sembra lo abbia preso Veronica. Poi però lei ti dice che lo ha bruciato.
E qui iniziano i tuoi dubbi e le tue domande, che ti porteranno a cercare nel passato i pezzi mancanti della storia ed a scoprire il “senso di una fine” solo alla fine, in una sorta di amara e mesta epifania.

Leggendo il libro avevo riflettuto su come a volte i nostri pensieri, le nostre parole ed azioni si possano rivelare dei macigni inimmaginabili anche a distanza di tempo. Meglio allora stare sempre attenti a come usarli, soprattutto con le persone che abbiamo amato.

Come ci ricorda il libro, la nostra vita è solo parte di una storia ancora più grande e di cui sappiamo solo una piccola parte. Una storia diversa per ognuno che si incontra, e che vive fintanto che qualcuno vivente se la ricorda.
Per Adrian la storia era “quella certezza che prende consistenza là dove le imperfezioni della memoria incontrano le inadeguatezze della documentazione”, e così nella lettera a beneficio del coroner dava conto delle sue ragioni per essersi suicidato: “la vita è un dono elargito non a seguito di una qualsivoglia richiesta; l’essere pensante ha il dover filosofico di esaminare sia la natura dell’esistenza, sia le condizioni in cui essa si manifesta; e, infine, se tale persona decide di rinunciare al suddetto dono elargito senza essere stato richiesto, è suo dovere umano ed etico agire di conseguenza”.

Di seguito riporto un piccolo estratto del libro dove Tony si pone una domanda a cui ognuno dovrebbe dare risposta.

[…] Mi sono ritrovato a paragonare la mia vita a quella di Adrian. Alla sua capacità di guardarsi dentro, di assumere posizioni etiche e di agire di conseguenza; al coraggio mentale e fisico del suicidio. “Si è tolto la vita”, si dice; ma Adrian se n’era fatto carico, assumendone il comando e prendendola nelle sue mani per poi lasciarla andare. Quanti tra noi – noi che restiamo – possono dire di aver fatto altrettanto? Procediamo a casaccio, prediamo la vita come viene, ci costruiamo a poco a poco una riserva di ricordi. Ecco il problema dell’accumulo, e non nel senso inteso da Adrian, bensì nel semplice significato di vita che si aggiunge a vita. E, come ricorda il poeta, c’è differenza tra addizione e crescita.
La mia esistenza si era sviluppata, o solo accumulata? Era questa la domanda che il brano di Adrian mi aveva fatto scattare dentro. Di addizioni – e di sottrazioni – ce n’erano state, ma che dire delle moltiplicazioni? E questo mi procurò un senso di disagio, di irrequietezza. […]

Casa

La scorsa puntata di Petrolio dal titolo Che tempo fa affronta i temi dei cambiamenti climatici mostrando parti del documentario di Leonardo Di Caprio Before the Flood e intervistando vari esperti italiani presenti in studio.

La presentazione ci dice che: Già all’inizio di questa estate siccità, erosione costiera, fenomeni estremi come incendi e inondazioni, hanno riempito le pagine dei giornali. Una situazione drammatica che stiamo già pagando a caro prezzo. Riusciremo a uscire da questa situazione? Riusciremo a consegnare ai nostri figli un mondo ancora vivibile senza doverci vergognare per quello che stiamo facendo?

#stefanobosso ph. dryness

#stefanobosso ph.


Guardando la trasmissione mi è tornato in mente Home (2009), un documentario molto suggestivo su ambiente e cambiamento climatico di Yann Arthus-Bertrand, e prodotto da Luc Besson. Concepito come un reportage di viaggio, è realizzato quasi interamente con immagini aeree. Lo ripropongo, suggerendone la visione.

(..) “Nella grande avventura della vita sulla terra, ogni specie ha il suo ruolo, ogni specie ha il suo posto. Nessuna è inutile o dannosa. Tutte contribuiscono all’equilibrio. È allora che tu homo sapiens, uomo pensante entri in scena. Raccogli i benefici della meravigliosa eredità di 4 miliardi di vita della terra. Hai soltanto 200 mila anni, ma hai cambiato la faccia del mondo. Malgrado tu sia vulnerabile hai preso possesso di ogni habitat e conquistato interi territori come nessuna specie aveva mai fatto. Dopo 180 mila anni di nomadismo, grazie ad un clima più clemente, l’uomo si ferma. Non dipende solo dalla caccia per sopravvivere, cerca di stabilirsi in zone umide che abbondano di pesce, selvaggina e piante selvatiche, luoghi in cui la terra, l’acqua e la vita si armonizzano.” (..)

(..) “Abbiamo provocato fenomeni che non possiamo controllare. Fin dalle nostre origini, acqua, aria e forme di vita erano intimamente collegate, ma di recente abbiamo spezzato questi legami. Affrontiamo la realtà, dobbiamo credere a quello che sappiamo. Quello che abbiamo appena visto è il riflesso del comportamento umano. Abbiamo plasmato la Terra a nostra immagine. Ci resta poco tempo per cambiare. Come farà questo secolo a portare il peso di 9 miliardi di esseri umani se ci rifiutiamo di fare i conti con tutto quello che solo noi abbiamo fatto?”

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Il discorso ai giovani di Gordon Gekko

A seguito dell’articolo Are Students a Class? – tradotto da Voci dall’Estero – nel quale si parla della condizione giovanile americana, a cui similmente seguirà quella delle prossime generazioni nostrane, mi è tornato in mente un pezzo del film Wall Street – Il denaro non dorme mai in cui Gordon Gekko, invitato a tenere un discorso in una prestigiosa università, mette in guardia i giovani studenti dal futuro che li aspetta.

L’articolo riprende il termineNINJA Generation” usato proprio da Gekko nel film in lingua originale per descrivere la condizione dell’ultima generazione “nella cacca sino alle orecchie”: quella del No Income, No Jobs, No Assets, (nel film in italiano tradotto “la generazione dei 3 Niente”).

Il film di Oliver Stone ci aveva quindi avvisati anzitempo ed oggi come descrive l’articolo in USA: “(..) Gli studenti sono i nuovi NINJA (No Income, No Jobs, No Assets): nessun reddito, nessun lavoro, nessun patrimonio. Ma i loro genitori hanno dei beni, e sono questi ora ad essere portati via, anche i beni dei pensionati. Prima di tutto, il governo ha risorse – il potere di tassare (soprattutto i lavoratori, di questi tempi) e anche qualcosa di  meglio: il potere di  semplicemente stampare moneta (principalmente oggi il Quantitative Easing per cercare di reflazionare i prezzi delle abitazioni, delle azioni e dei titoli). La maggior parte degli studenti spera di diventare indipendente dai propri genitori. Ma, gravati dal debito e dovendo affrontare un mercato del lavoro difficile, vengono lasciati ancor più in condizioni di dipendenza. Ecco perché tanti devono continuare a vivere a casa dei genitori.

Il problema è che, anche se ottengono un lavoro e diventano indipendenti, restano dipendenti dalle banche. E per pagare le banche, devono essere ancor più miserevolmente alle dipendenze dei loro datori di lavoro. (..)”

Il finale del film prova a riabilitare la figura di Gordon Gekko, lasciandoci un bagliore di speranza. Ma sarà davvero così?

Qui l’intero discorso ai giovani di Gordon Gekko