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Herbie Hancock e Wayne Shorter: lettera alla futura generazione di artisti
Di seguito la Lettera alla futura generazione di artisti di Herbie Hancock e Wayne Shorter (traduzione italiana ripresa da tonyface).
Alla Futura Generazione di Artisti.
Ci troviamo in un periodo imprevedibile e turbolento.
Dall’orrore del Bataclan, alla crisi in Siria e all’insensato spargimento di sangue di San Bernardino, viviamo un’epoca di grande confusione e dolore.
Come artista, creatore e sognatore di questo mondo, ti chiediamo di non farti scoraggiare di fronte a tutto ciò, ma di usare la tua stessa vita e – per estensione – la tua arte, come strumenti per costruire pace.
Sebbene sia vero che le problematiche che il mondo sta affrontando siano complesse, la soluzione per la pace è semplice: essa comincia da te. Non serve vivere in un paese del terzo mondo o lavorare per una ONG per fare la differenza. Ognuno di noi ha una missione unica.
Siamo tutti pezzi di un gigante, fluido puzzle, dove la più piccola delle azioni, pur essendone una singola tessera, influenza ciascuna delle altre.
Tu conti, le tue azioni contano, la tua arte conta.
Vorremmo essere sicuri che mentre scriviamo questa lettera, pensata e scritta per un audience di artisti, che questi pensieri al contrario superino limiti e confini professionali e si applichino a tutte le persone, a prescindere dalla propria professione.
PRIMO, RISVEGLIA LA TUA UMANITA’
Non siamo soli. Non esistiamo da soli e non possiamo creare, da soli.
Ciò di cui questo mondo ha bisogno è un risveglio umanistico del desiderio di elevare le condizioni della propria vita fino a quando le nostre azioni si radichino nell’altruismo e nella compassione.
Non puoi nasconderti dietro un lavoro o uno strumento: devi comportarti da uomo.
Concentra le tue energie nel diventare la miglior persona che tu possa essere. Concentrati nello sviluppare empatia e compassione.
Seguendo questa strada, attingerai ad una ricchezza di ispirazione che affonda le sue radici nella complessità e nella curiosità di sapere il significato dell’esistenza questo pianeta. La musica non è che una goccia nell’oceano della vita.
SEGUI E CONQUISTA LA STRADA MENO PERCORSA
Il mondo ha bisogno di una strada nuova.
Non farti influenzare dalla retorica comune, o dai falsi miti e dalle illusioni su come la vita debba essere vissuta.
Decidi tu se essere pioniere.
Che sia attraverso l’esplorazione di nuovi suoni, ritmi e armonie o collaborazioni inaspettate, processi ed esperienze, noi t’incoraggiamo a scacciare la ripetizione in ogni sua forma negativa, e le sue conseguenze.
Lotta per creare nuove azioni, nella musica così come nella vita.
NON CONFORMARTI MAI.
ACCOGLI L’IGNOTO
L’ignoto richiede un’improvvisazione passo dopo passo o un processo creativo imparagonabile per potenziale e realizzazione.
Nella vita non c’è un copione già scritto, perché la vera prova è la vita stessa. Ogni relazione, ostacolo, interazione, ecc… è una prova per la prossima avventura nella vita.
Tutto è connesso.
Tutto origina qualcos’altro.
Mai nulla viene sprecato.
Questo tipo di pensiero richiede coraggio.
Sii coraggioso e non perdere la tua euforia e la tua riverenza verso il mondo meraviglioso che ti circonda.
COGLI LA VERA NATURA DEGLI OSTACOLI
Siamo intrappolati nell’idea del fallimento, ma non corrisponde a verità: è un’illusione, un mito.
Il fallimento non esiste.
Quello che percepisci come tale in realtà è una nuova opportunità, una nuova mano alle carte o una nuova tela su cui creare. Nella vita ci sono opportunità illimitate.
Le parole “successo” e “fallimento” non sono altro che etichette. Ogni istante è un’opportunità. Tu, in quanto essere umano, non hai limiti: per questo esistono infinite possibilità in ogni circostanza.
NON AVER PAURA DI INTERAGIRE CON CHI E’ DIVERSO DA TE
Il mondo ha bisogno di più confronto tra persone di origini diverse, in particolare nell’arte, nella cultura e nell’educazione.
Le nostre differenze sono ciò che abbiamo in comune.
Possiamo lavorare assieme per creare uno schema condiviso, un progetto aperto e continuo in cui persone di ogni sorta possano scambiare idee, risorse, premure e gentilezze.
Dobbiamo connetterci gli uni agli altri, imparare dal prossimo e condividere esperienze vicendevolmente. Non avremo mai pace se non riusciamo a capire il dolore che c’è nel cuore degli altri.
Quanto più interagiamo, tanto più capiremo che la nostra umanità supera ogni differenza.
LOTTA PER CREARE UN DIALOGO SENZA DOGMI (AGENDA-FREE)
L’arte, in qualsiasi forma, è un mezzo per il dialogo, che a sua volta è uno strumento molto potente.
E’ tempo che il mondo della musica produca storie solide che inneschino il dialoghi sul nostro mistero.
E quando diciamo il nostro mistero, parliamo di analizzare, di sfidare quelle paure che ci impediscono di scoprire l’accesso illimitato al coraggio che risiede in ognuno di noi.
Si, tu basti.
Si, tu vali.
Si, tu dovresti continuare così.
DIFFIDA DELL’EGO
L’arroganza può nascere negli artisti, in chi crede che il proprio status lo renda più importante, o in quelli convinti che la sola associazione ad un campo creativo conferisca loro una sorta di superiorità.
Fai attenzione all’ego: la creatività non può fluire quando è solo l’ego ad essere nutrito.
IMPEGNATI PER UN BUSINESS SENZA FRONTIERE
Nel campo medico c’è un’organizzazione chiamata Medici Senza Frontiere.
Quest’impegno nobile può servire da modello per superare le limitazioni e le strategie dei vecchi schemi economici, progettati per mantenere i vecchi sistemi e farli apparire come nuovi.
Ci stiamo riferendo ad un sistema che esiste, un sistema che condiziona i consumatori a comprare solo i prodotti definiti “commerciabili”. Un sistema dove il denaro è solo un mezzo per uno scopo.
L’impresa musicale è solo una frazione del business della vita. Vivere con integrità creativa può portare benefits mai immaginati.
APPREZZA LA GENERAZIONE CHE TI HA PRECEDUTO
I tuoi vecchi possono aiutarti.
La loro saggezza è una fonte di ricchezza. Hanno affrontato tempeste e resistito ai tuoi stessi dolori: lascia che i loro sforzi siano la luce che illumini la strada nell’oscurità. Non sprecare tempo a ripetere i loro sbagli.
Al contrario, prendi per buono ciò che hanno fatto loro e spingiti a costruire un mondo progressivamente migliore per le generazioni a venire.
INFINE, SPERIAMO CHE TU POSSA VIVERE IN UNO STATO DI COSTANTE MERAVIGLIA
Con l’andare degli anni, parte della nostra immaginazione tende a sbiadirsi.
Che sia per la tristezza, per un dolore prolungato o per un condizionamento sociale, da qualche parte lungo il percorso la gente dimentica come attingere a quella magia che esiste nelle nostre menti.
Non lasciare affievolire quella parte della tua immaginazione.
Guarda le stelle e immagina cosa si provi ad essere un astronauta o un pilota.
Immagina di esplorare le piramidi o il Machu Picchu.
Immagina di volare come un uccello o di schiantarti su un muro come Superman. Immagina di correre coi dinosauri o di nuotare come le creature marine.
Tutto ciò esiste, è il prodotto della nostra immaginazione: nutrila e custodiscila, e ti troverai sempre sul ciglio della scoperta.
Come può tutto ciò portare alla creazione di una società di pace, mi chiedi?
Comincia con una causa.
Le tue cause creano gli effetti che danno forma al futuro, il tuo e di tutti quelli intorno a te. Sii il protagonista nel film della tua vita.
Sei tu il regista, l’attore e il produttore.
Sii abbondantemente e instancabilmente compassionevole mentre balli in questo viaggio che chiamiamo vita.
I giovani e l’idea di umanità
Di seguito un estratto del paragrafo I giovani e l’idea di umanità del libro La rivoluzione giovanile di Salvatore Valitutti.
Uno stimolo alle iniziative intese a salvaguardare e a sviluppare le energie della gioventù è dato dall’ideale di umanità, così com’esso è sentito e concepito in una certa fase storica della vita spirituale dell’Europa.
L’educazione classica ha sempre avuto il fine di formare l’uomo, di svolgere in lui e renderli al massimo operanti i poteri creativi dell’humanitas. Ma l’umanità che costituisce l’ideale dell’educazione classica ha il suo sviluppo storico; è una forma inscindibile dal suo contenuto che è necessariamente storico. Affinché tale forma si realizzi è necessario che l’educazione sia storica. E’ impossibile formare l’uomo, secondo l’ideale dell’educazione classica, al di fuori del rapporto diretto con le più pure creazioni dello spirito nel suo svolgimento storico. Quel che invece caratterizza l’idea dell’umanità, quale si diffonde ed opera in un certo momento della vita europea è che essa colloca tutta l’umanità nell’avvenire. Nel passato non ci sono che manifestazioni imperfette e parziali, il valore delle quali non consiste che nel testimoniare, da una parte, che il progresso dell’umanità è possibile e, dall’altra che per renderlo regolare e continuo basta eliminare le cause che finora lo hanno ostacolato e ritardato.
La nuova idea dell’umanità è strettamente congiunta a quella del progresso. Come ci può essere una vera umanità, così ci può essere un vero progresso, ossia un progresso rapido e continuo. Solo l’umanità pura è capace di questo progresso. Non ha importanza se la nuova umanità sia vista apparire, come la vede Rouseeau, all’alba della vita. Quel che conta è che essa sia posta fuori dagli erramenti della storia. Che l’avvenire in cui trionferà la vera umanità sia o non sia collegato ad un passato preistorico è del tutto secondario. Ciò che ha valore è che gli sforzi intesi ad aprirle la strada siano orientati verso l’avvenire.
Questa idea ha una grande efficacia operativa specie, se non soprattutto, nel campo dell’educazione. Essa non ha questa efficacia in un momento in cui è necessario fare il massimo sforzo per distruggere vecchi ma tenaci istituzioni ed usi inveterati.
I fanciulli e i giovani appaiono ai novatori come coloro che hanno ancora integre in se stessi le forze della pura umanità. Da ciò la grande importanza che ha l’educazione nel loro pensiero e nella loro azione. L’educazione deve salvare e sviluppare le forze che sono nella gioventù. Tutto il male è negli adulti, tutto il bene è nascosto nella vita dei giovani. La scuola dei giovani è, come dirà più tardi Fichte, l’isola dell’avvenire nel mondo presente. Bisogna far sì che nulla menomi e tutto salvaguardi ed accresca l’intima fertilità di quest’isola.
Anche Immanuel Kant si fa assertore dell’educazione come mezzo per la formazione della pura e piena umanità. Nel suo pensiero educativo non c’è solo questo motivo; ce ne sono altri che lo contengono e lo smentiscono. È sua per esempio, l’idea rigoristica della disciplina per mezzo della quale la rozza volontà si umanizza. Egli colloca tuttavia la speranza e la previsione della natura umana. “Forse l’educazione – egli dice – migliorerà, ed ogni generazione farà un passo innanzi verso il perfezionamento dell’umanità, poiché il gran segreto della perfezione umana è nell’educazione stessa… È meraviglioso pensare che la natura umana possa divenire sempre più progredita grazie all’educazione e che si possa elevare quest’ultima al progresso dell’umanità. Ciò ci dà la prospettiva di una futura felicità della specie umana”.
Egli perciò che i fanciulli non siano educati conformemente alle esigenze dello stato presente ma “per uno stato migliore possibile nell’avvenire secondo l’idea dell’umanità e della sua destinazione” . Ma chi può farsi organo dell’idea di educazione secondo l’idea dell’umanità, considerato che una generazione non può essere educata che da un altra generazione? Come la generazione educatrice potrebbe sottrarsi ai limiti della sua condizione storica? Kant aveva già notato che solo se un essere superiore si prendesse cura di noi, noi vedremmo tutto quello che l’uomo potrebbe diventare. Ma egli non si scoraggia. Constatato che, in generale, in genitori allevano i figli solo in modo che si trovino bene nel loro tempo, sia pur questo corrotto, e che gli Stati considerano i sudditi come strumenti per i loro intenti, e che perciò né gli uni, né gli altri hanno per fine per fine ultimo il bene universale e la perfezione a cui l’umanità è destinata e per cui ha disposizione, nota che il disegno di un piano educativo deve diventare necessariamente cosmopolita e che di esso non possono prendere iniziativa che i privati, le persone pù assennate e competenti. “Ogni cultura – egli dice – comincia dai privati e da questi si diffonde. La natura umana può avvicinarsi alla sua meta unicamente in virtù dello zelo di persone dotate di generosi sentimenti da interessarsi al bene sociale e assurgere alla concezione di uno Stato migliore, possibile in avvenire”. […]
Generazione di ignoranti
Di seguito dal bellissimo articolo Storia e democrazia su Orizzonte48 riporto l’estratto/traduzione dell’articolo Res idiotica di Patrick Deneen ed il relativo commento.
“I miei studenti sono degli ignoranti. Sono assai simpatici, piacevoli, affidabili, per lo più onesti, benintenzionati e senz’altro per bene. Ma i loro cervelli sono in gran parte vuoti, privi di qualsiasi conoscenza sostanziale che possa considerarsi il frutto di un’eredità o di un dono delle generazioni precedenti. Sono il culmine della civiltà occidentale, una civiltà che ha dimenticato le sue origini e i suoi obiettivi e, di conseguenza, ha raggiunto un’indifferenza quasi totale riguardo a se stessa.
E’ difficile essere ammessi nelle scuole dove ho insegnato, Princeton, Georgetown e ora Notre Dame. Gli studenti di queste istituzioni fanno ciò che è loro richiesto: sono eccellenti risolutori di test, sanno perfettamente cosa bisogna fare per ottenere una A in ogni corso (ossia raramente si appassionato e si applicano a una qualsiasi materia), costruiscono curricula perfetti. Sono rispettosi e cordiali con gli adulti, accomodanti, anche se rozzi (come rivelano frammenti di conversazioni), con i loro pari. Rispettano la diversità (senza avere la minima idea di cosa sia) e sono esperti nell’arte del non giudicare (almeno in pubblico). Sono la crema della loro generazione, i signori dell’universo, una generazione che aspetta di dirigere l’America e il mondo.
Provate però a far loro qualche domanda sulla civiltà che erediteranno e preparatevi a sguardi sfuggenti e preoccupati. Chi ha combattuto le guerre persiane? Qual era la posta in gioco nella battaglia di Salamina? Chi fu il maestro di Platone e chi i suoi allievi? Come è morto Socrate? Alzi la mano chi ha letto sia l’Iliade che l’Odissea. I racconti di Canterbury? Paradiso perduto? L’Inferno?
Chi era Paolo di Tarso? Cos’erano le 95 tesi, chi le aveva scritte e quale ne fu l’effetto? Qual è l’importanza della Magna Carta? Dove e come morì Thomas Becket? Cosa accadde a Carlo I? Chi era Guy Fawkes e perché esiste un giorno a lui dedicato? Cosa accadde a Yorktown nel 1781? Cosa disse Lincoln nel suo secondo discorso di insediamento? Nel primo? Chi sa menzionarmi uno o due argomenti avanzati nel n. 10 del Federalista? Chi l’ha letto? Che cos’è il Federalista?
E’ possibile che alcuni studenti, grazie a casuali scelte dei corsi o a qualche eccentrico insegnante all’antica, conosca la risposta ad alcune di queste domande; ma molti studenti no, e nemmeno a domande simili, perché non sono stati formati per conoscerle. Nella migliore delle ipotesi possiedono conoscenze casuali, ma altrimenti sguazzano nell’ignoranza sistematica. Non vanno incolpati per la loro profonda ignoranza di storia, politica, arte e letteratura americana e occidentale: è il marchio distintivo della loro formazione. Hanno imparato esattamente ciò che è stato richiesto loro: essere come efemere, vivi per caso in un presente fugace.
L’ignoranza dei nostri studenti non è un difetto del nostro sistema educativo: è il suo coronamento. Gli sforzi di diverse generazioni di filosofi e riformatori ed esperti di politiche pubbliche di cui i nostri studenti (e molti di noi) non sanno nulla si sono combinati per produrre una generazione di ignoranti. La pervasiva ignoranza dei nostri studenti non è un semplice accidente o un risultato sfortunato ma correggibile, solo che assumessimo migliori insegnanti o variassimo la lista di letture al liceo.
Abbiamo preso la brutta e acritica abitudine di ritenere che il nostro sistema educativo sia guasto, ma in realtà marcia a tutto vapore: ciò che intende produrre è amnesia culturale, una totale mancanza di curiosità, agenti indipendenti privi di storia e obiettivi educativi organizzati come processi senza contenuto, con un uso acritico di parole chiave come “pensiero critico”, “diversità”, “modi di conoscere”, “giustizia sociale” e “competenza culturale”. I nostri studenti costituiscono il risultato di un impegno sistematico a produrre individui senza un passato, per cui il futuro è terra straniera, numeri senza cultura in grado di vivere ovunque e svolgere qualsiasi tipo di lavoro, senza farsi domandi sui suoi scopi o fini, strumenti perfetti per un sistema economico che esalta la “flessibilità” (geografica, interpersonale, etica). In un mondo del genere, possedere una cultura, una storia, un’eredità, un impegno verso un luogo e persone particolari, forme specifiche di gratitudine e di riconoscenza (piuttosto che un impegno generalizzato e senza radici verso la “giustizia sociale”), un forte insieme di principi etici e norme morali che affermano limiti definiti a ciò che si dovrebbe o si dovrebbe non fare (a parte “non giudicare”) sono ostacoli e handicap. Indipendentemente dall’indirizzo o corso di studi, il principale obiettivo della moderna educazione è di piallar via ogni residuo di specificità e identità culturale o storica che potrebbe ancora restare attaccata ai nostri studenti, per renderli perfetti impiegati per una politica ed economia moderne che penalizzano impegni profondi. Gli sforzi volti in primo luogo a promuovere l’apprezzamento per il “multiculturalismo” sono sintomo di un impegno a svuotare qualsiasi particolare identità culturale, mentre l’attuale moda della “differenza” segnala un impegno totale alla deculturazione e omogeneizzazione.
[…]”
Con la percezione che un sistema economico globalizzato richiedeva lavoratori sradicati che potessero vivere ovunque e svolgere qualsiasi compito senza porsi domande sui relativi obiettivi ed effetti, il compito principale dell’istruzione divenne instillare certe disposizioni, piuttosto che una cultura ben fondata: flessibilità, tolleranza, “competenze” prive di contenuto, astratte “forme di apprendimento”, elogio per la “giustizia sociale”, anche nel contesto di un’economia in cui “il vincitore si prende tutto” [winner-take-all economy], e un feticismo per la differenza che lasciava senza risposta il perché tutti ricevessero la stessa educazione in istituzioni indistinguibili. All’inizio questo ha significato lo svuotamento delle peculiarità locali, regionali e religiose in nome dell’identità nazionale; ora quella delle specificità nazionali in nome di un cosmopolitismo globalizzato che richiede il deliberato oblio di ogni trattato culturalmente caratterizzante. L’incapacità di rispondere a domande banali sull’America o l’Occidente non è la conseguenza di una cattiva educazione, ma il segno di un successo educativo.
Soprattutto l’unica lezione che gli studenti ricevono è quella di considerare se stessi individui radicalmente autonomi in un sistema globale fondato su un comune impegno alla reciproca indifferenza. E’ questo impegno che ci lega come popolo globale. Ogni residuo di cultura comune interferirebbe con questo imperativo primario: una cultura comune implicherebbe che condividiamo qualcosa di più denso, un’eredità che non abbiamo creato e un insieme di impegni che implicano limiti e lealtà particolari. La prassi e la filosofia antiche hanno elogiato la “res publica”, una devozione verso gli affari pubblici, ciò che condividiamo; noi abbiamo invece creato la prima “res idiotica” mondiale, dal termine greco “idiotés”, ossia individuo.” […]
Segnali di allarme:
Un milione di parole in meno: gli effetti della povertà narrativa
Sforniamo generazioni di ignoranti
Manager: oggi una competenza chiave è la lingua… italiana