Akbar e la necessità della ragione

Di seguito riporto il paragrafo “Akbar e la necessità della ragione” tratto dal I capitolo del libro L’idea di giustizia di Amartya Zen.

amartya sen, l'idea di giustizia

William B. Yeats annotò in margine alla sua copia della Genealogia della morale di Nietzsche: «Perché mai Nietzsche pensa che la notte non abbia stelle, ma soltanto pipistrelli e gufi, e la folle luna?». Lo scetticismo di Nietzsche sull’umanità e la sua agghiacciante visione del futuro comparvero alla vigilia del XX secolo (il filosofo morì nel 1900). Gli eventi del secolo che stava per iniziare, con le sue guerre mondiali, i suoi olocausti, i suoi genocidi e le altre atrocità, offrono più di un motivo per chiedersi se quello scetticismo non fosse fondato. Riconsiderando le inquietudini di Nietzsche alla fine del XX secolo, Jonathan Glover conclude che «dobbiamo guardare bene in faccia, con fermezza, alcuni dei mostri che sono dentro di noi» e trovare strumenti e sistemi per «metterli in gabbia e addomesticarli».

Circostanze come il volgere di un secolo rappresentano per molte persone momenti propizi per fare il punto su ciò che sta accadendo e ciò che si deve fare. Non sempre questo sfocia in riflessioni come quelle di Nietzsche (o di Glover), tanto pessimistiche e scettiche sulla natura umana e sulla possibilità di un cambiamento all’insegna della ragione. Un interessante contraltare, ben più antico, è dato dalle conclusioni a cui approdò in India l’imperatore Moghul Akbar, sull’onda di una riflessione di «fine millennio», più che di fine secolo. Mentre il primo millennio del calendario islamico volgeva al termine, nel 1591-1592 (cioè mille anni lunari dalla fuga di Maometto da La Mecca a Medina, nel 622 d.C.), Akbar si dedicò a un esame ad ampio raggio dei valori sociali e politici e della pratica giuridica e culturale. A richiamare la sua attenzione erano soprattutto le sfide poste dalle relazioni tra le varie comunità e la necessità di pace e collaborazione fruttuosa, sempre impellente nell’India, già multiculturale, del XVI secolo.

Bisogna ammettere che le politiche attuate da Akbar erano piuttosto inusuali per l’epoca. La macchina dell’Inquisizione girava a pieno ritmo e nel 1600 a Roma Giordano Bruno veniva arso sul rogo come eretico, mentre in India Akbar emanava le sue disposizioni sulla tolleranza religiosa. L’imperatore indiano non solo insisteva sul fatto che tra i doveri dello Stato rientrava quello di assicurare che «nessun uomo sia ostacolato per la sua fede religiosa e a tutti sia permesso di accostarsi a qualsiasi religione desideri», ma organizzava ad Agra, la capitale, incontri di dialogo tra indù, musulmani, cristiani, giainisti, parsi, giudei e altri, inclusi a volte agnostici e atei. Tenendo conto della pluralità religiosa del suo popolo, Akbar pose in vari modi le basi del laicismo e della neutralità religiosa dello Stato. La costituzione laica adottata dall’India nel 1949, all’indomani dell’indipendenza dal dominio britannico, contiene numerosi elementi già contemplati da Akbar nell’ultimo decennio del XVI secolo; fra questi, l’interpretazione del laicismo come equidistanza dello Stato tra le diverse religioni e impegno a non privilegiare alcuna fede in particolare.

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Il discorso della tartaruga Giorgina

Facendo zapping in TV mi è capitato di vedere il cartone animato Animals United (2010). Di seguito riporto il discorso della tartaruga Giorgina.

(..) L’acqua è il sangue di tutti i nostri antenati. (..)

Buona sera (io mi chiamo Winston) e io mi chiamo Giorgina.
Siamo nati più di 700 anni fa su un isola che si trova nel cuore dell’oceano Pacifico. In tutti questi anni ci è capitato di incontrare molti esseri umani.. che hanno rubato, che hanno ucciso e distrutto ogni cosa molte, molte volte e abbiamo lasciato che accadesse e proprio a causa di questo abbiamo perso tutto.
La nostra amata casa purtroppo non esiste più. Dove una volta sbocciavano fiori di tutti i colori, ora la terra è arida e sterile. Lì dove un tempo l’aria vibrava del cinquettio di mille varietà di uccelli ora c’è soltanto silenzio. Dove una volta le foche e le creature dell’oceano giocavano tra le onde ogni forma di vita si sta estinguendo. Le Galapagos, la nostra meravigliosa casa sono oramai poco più di un orrida massa nera, scura e oleosa.
Tutto il mondo non è altro che un’orrida massa nera, scura e oleosa. Tutto il mondo, a parte questo luogo. Ma se voi non farete qualcosa per fermarli, anche di questo luogo non resterà che una macchia annerita poiché l’uomo è come un ladro di notte e porta via dalla terra ciò che vuole. Egli è come un serpente che si ciba della sua stessa coda per sopravvivere.
Ma la Terra non appartiene all’uomo. Egli non è che una parte minuscola. Non fu l’uomo a tessere la tela della vita sulla Terra. È solo uno dei fili della trama poiché tutti noi condividiamo il medesimo respiro: la nebbia che si alza tra il verde lussureggiante delle foreste, la frescura che si alza dalle montagne rocciose, il profumo del vento dopo la pioggia, le piante, gli uomini e noi animali.
Quello che l’uomo non comprende è che ciò che infligge alla Terra, alla fine lo infligge a sé stesso. E quando un giorno la Terra sarà stata distrutta e gli animali saranno stati scacciati o sterminati, l’uomo regnerà sulla Terra da solo. E allora sconvolto e prostrato anch’egli sparirà dalla faccia della Terra.
Ma è una ben magra consolazione per noi adesso perché tutti voi presto perirete se non vi deciderete a difendervi contro l’umanità. (..)